FERRARA – Annata dagli scarsi allenamenti ma ricca di piccole emozioni, quelle piccole emozioni che tutte le volte che giungo all’arrivo mi fanno venire voglia di ripartire. Partire per poi tornare e raccontare, a raccontare le pedalate che metro dopo metro ci portano al traguardo. Siamo ad inizio Aprile, quando mando qualche messaggio a Simone della Witoor, per sentire se ancora hanno posto e qualche dettaglio sulla randonnee. Come al solito lui è strepitosamente gentile e preciso in ogni dettaglio. Gli rompo le scatole per il pagamento e alla fine riusciamo a chiudere il giro: Io, Enrico Guerzoni (Guerz), Gianni Debbi (Giannino) e Gianni Raimondi (Giannone) siamo iscritti alla Rando Imperator. Si aggiungerà in un secondo momento anche Lucio Fiorani che sarà il nostro Magellano nei primi 300 km.
Qualche giorno prima della partenza Giannino da forfait perchè teme la pioggia e il freddo. Insisto, cerco di convincerlo, ma non c’è nulla da fare. Rassegnati a questa perdita e al meteo certamente poco favorevole, decidiamo ugualmente di partire e di salire su quel pullman che ci porterà a Monaco di Baviera. Il giorno del viaggio verso Monaco ci arriva questo messaggio:
“Vorrei farvi un bel in bocca al lupo!!! E vi annuncio il mio ritiro definitivo alle randonnee. Mi sono reso conto di non avere più la voglia e la mentalità per affrontare questo tipo di manifestezioni. In poche parole sono vecchio!!!! Forza ragazzi fatevi onore“
Voi lo conoscete Giannino, vero? Come si fa a pedalare senza i suoi racconti avventurosi di gioventù? Senza i suoi consigli e le sue “cazzate” che pedalata dopo pedalata fanno sempre ridere? Giannino, ripensaci…hai scritto buona parte della storia del nostro ciclismo, non mollarci proprio ora!
Alla partenza incontriamo qualche viso noto tra cui Paolo Caiazzo, Massimo Bonfanti (amico di Dartagnan 🙂 ) e il mitico Lambert che sebbene non partecipa alla rando è venuto apposta a salutarci. Che dire…tutto sembra perfetto per salire sul pullman ed andare. Il viaggio è lungo, del resto non poteva essere altrimenti e fra un pisolo e l’altro troviamo il tempo per prenderci in giro. Giannone più che scherzare dorme di brutto mentre io ascolto il Guerz che mi racconta del suo futuro. Partiamo da Ferrara con un sole pallido che lentamente lascia spazio a nuvole e successivamente alle prime gocce di pioggia. Il viaggio ci lascia il tempo per scherzare sul meteo del giorno dopo: io sono fiducioso mentre il Guerz sarà decisamente più realista…e non si sbaglierà.
Arrivati a Monaco buttiamo l’occhio fuori dal finestrino e subito vediamo Mauro, un noto randonneur delle nostre zone, che col suo modo allegro e spensierato fa sempre sorridere e col quale due parole si scambiano sempre volentieri. E’ accompagnato da sua moglie, che col camper lo segue sempre in capo al mondo, che spettacolo! La sera si avvicina e dopo aver sistemato le biciclette all’interno delle camere andiamo tutti e 4 verso il centro. Metropolitana e via dritti a mangiare qualcosa: Stinco e Birra…del resto non potevamo certo chiedere un piatto di tortellini e lambrusco 😉 . Il locale è molto caratteristico e il menù lascia veramente poco all’immaginaione…siamo proprio nel posto giusto dove poter mangiare qualcosa di buono!
Dopo cena inizia a scendere qualche goccia e noi ci infiliamo sotto al panno che ci scalda tutta notte. Non dormo, non ci riesco e mille pensieri girano in testa mentre le gocce di poco prima si trasformano lentamente in pioggia sempre più rumorosa. Non la vedo, ma la sento. Il tintinnio è costante e inesorabilmente inarrestabile. Pensare di partire sotto alla pioggia non mi esalta, anzi mi fa pensare al peggio, come nella lontana Bolzano – Ferrara di qualche anno prima. Pazienza, ormai è tardi per chiudere occhio e col braccio spengo la sveglia che puntuale alle 4:00 suona. Sveglio Giannone e chiamo la camera del Guerz e di Lucio. Mi alzo, mangio la “scaramantica” pasta col tonno e bevo un po di Coca-Cola per poi vestirmi. “Giannone, come partiamo?, cosa ti metti?“. “Prendo con me almeno un cambio…e poi spero che smetta presto“. Usciamo dall’albergo, l’aria è fresca e l’acqua fa il resto, la notte è quasi alla termine, ma ancora il buio la fa da padrona. La partenza è situata qualche a km dall’albergo, c’è chi si lamenta per la distanza, c’è chi ha qualche borsa di troppo da portare al via e chi come me pensa solo al meteo, cercando uno spiraglio di sereno. Come lucciole una in fila all’altra, pedaliamo lungo un boschetto privo di luci, fino ad arrivare alla partenza, dove Simone ci consiglia qualche percorso alternativo, in modo da evitare qualche tratto sterrato. Partiamo col sorriso, anche se continua a piovere. Il primo tratto di qualche km è una ciclabile sterrata ma battuta, che minuto dopo minuto cede al cadere dell’acqua incessante. Con le bici da corsa a volte fatichiamo, ma tutto sommato riusciamo a passare incolumi questo tratto mentre qualche ciclista fora, trovandosi subito in difficoltà. La bellezza dei posti che attraversiamo la si può solo gustare a metà, viste le condizioni atmosferiche che ci obbligano a pedalare a testa bassa. L’acqua lentamente entra dal casco, penetra nei vestiti e riempe le scarpe. Finchè il corpo è in movimento non ci si accorge quasi di nulla, ma appena ci si ferma per consultare il roadbook o semplicemente per “cambiare l’acqua al canarino“, tutto diventa maledettamente fastidioso. Il corpo si raffredda in un attimo e ci vuole qualche pedalata per allontanare quella fastidiosa sensazione di freddo lungo la schiena e il petto. Nei primi km fatichiamo a trovare la strada, ma grazie a qualche dritta di Simone e l’aiuto del gps di Lucio, tutto riesce a meraviglia. A proposito di gps e “baracchini” elettronici: fino all’altro giorno ero contro a chi usava il gps per portare a termine una randonnee, ma devo ricredermi. In questa occasione, era improponibile consultare il roadbook senza evitare di bagnarlo (almeno chè uno non lo avesse plastificato), mentre con l’ausilio del gps, Lucio è stato veramente il nostro Magellano in terra tedesca ed austriaca!
Torniamo a noi, ai nostri scorci meravigliosi, visti di sfuggita e goduti a metà. Pedaliamo in fila indiana su asfalti tirati a lucido mentre qualche auto ci sorpassa senza suonare e senza farci il “pelo“. Bho…e dire che da qui all’ Italia ci sono solo 300 km…sembra di pedalare su un altro pianeta! I primi 150 km si snodano tutti fra saliscendi verdi e ricchi di fiumiciattoli d’acqua trasparente. Alberi prima alti poi bassi fanno da cornice ad una serie di case costruite in legno e mattoni, tipiche di queste zone. Non si vede nessuno circolare per strada e molte finestre sono chiuse anche se sui camini si innalzano colonne di fumo. Cerco di portare la mia attenzione ai particolari di ciò che mi trovo di fronte, in modo da non pensare a ciò che sta sentendo il mio corpo. Guardo a destra, poi a sinistra cercando d’immaginare come sarebbe tutto ciò se ci fosse stato il sole: un piccolo paradiso terrestre. Al km 100 il primo ristoro, dove come delle cavallette affamate assaliamo la tavola imbandita di ogni ben di Dio, dal salato al dolce, dall’acqua ai succhi di frutta. Lucio ha qualche problema al pedale sinistro, che non riesce a risolvere…peccato, perchè dovrà faticare di più per arrivare a Bolzano. Si riparte cercando le indicazioni che ci portano verso il passo Fernpass, 1266 metri che si fa dare del “voi“, non in salita ma in discesa. La salita è quasi piacevole, mentre la discesa è un pugno nello stomaco. Scendiamo forte, i freni sono sporchi di ogni schifezza che le ruote raccolgono, il freddo ci blocca il petto mentre l’acqua si trasforma in pizzicotti sul viso. Finita la discesa ci fermiamo e ci ridiamo su, per non piangere. Ripartiamo, sempre uno dietro all’altro cercando di ripararci il più possibile. Assieme noi 4 si è aggiunto Fabio, un ragazzo di Ferrara, che ha la passione per la bicicletta a scatto fisso. Il passo Resia è là che ci aspetta, ci separano da lui ancora poco più di 100 km. Le ciclabili asfaltate si trasformano per alcuni tratti in km di terra battuta che se percorsi in condizioni meteo leggermente più favorevoli, sarebbero uno spettacolo. In questo caso invece, diventano sentieri pieni di insidie, dove spesso qualcuno fora o semplicemente si trova in difficoltà nel percorrerli. Le ruote sebbene sottili e lisce raccolgono ogni sassolino, foglia, detrito, sabbia che si incontra sul percorso e tutto va a fermarsi sul cerchio e poi sui pattini dei freni. Risultato? Arriviamo ai piedi del Passo Resia senza freni posteriori. Ci fermiamo per tirare un po i freni, guardiamo quale sia la soluzione meno peggio, mangiamo qualcosa e poi via di nuovo in salita. La salita la soffro anche quando sono allenato, figuriamoci in questo periodo che avrò si e no fatto 1000 km da inizio anno. Restiamo in fondo io e Giannone, mentre Guerz e Lucio spariscono all’orizzonte. A volte passo davanti io, poi passa lui e cosi fino in cima. La salita è lunga, mentre io scalo le marce fino ad arrivare a quella più agile. Se ne avessi avute ancora le avrei usate. Arrivati a Nauders, mentalmente sono già sul Passo Resia, invece ancora 5 km ci separano dal ristoro. Fa freddo, la temperatura sarà intorno ai 5 gradi e la pedalata diventa sempre più pesante. Sono rimasto solo, Giannone è avanti 100 metri che sembrano un’eternità. Lentamente lo raggiungo, forse è lui che mi aspetta, quando all’improvviso sentiamo un fischio: sono Lucio e Guerz davanti al ristoro. La pioggia sembra smettere…anzi smette! Entriamo, scherzo con Marcello e con qualche ciclista per poi iniziarmi a spogliare. Devo cambiarmi assolutamente, la discesa in quelle condizioni sarebbe un disastro. Mangio qualcosa, bevo molto succo di frutta e corro in bagno! Adesso indosso abiti asciutti dalla vita in su, mentre il resto è completamente bagnato. Passa una mezz’oretta, mentre Giannone inizia a lamentarsi della stanchezza, dei freni e di tutto ciò che non va. Lo capisco, ha ragione, ma cerco di convincerlo anche se ho la sensazione che le mie parole cadano nel vuoto. I nostri freni sono al limite, quelli dietro finiti e davanti appena un po. Dobbiamo cercare di fare attenzione perchè la discesa dal Resia è lunga. Fortunatamente anche se ha ripreso a piovere, non sento freddo, perchè i vestiti asciutti mi danno una leggera sensazione di confort. La velocità è sostenuta, forse da incoscienti cerchiamo di terminarla nel minor tempo possible e ci buttiamo quasi a capofitto, come se fossimo in totale sicurezza. Pioggia, asfalto bagnao, freni quasi finiti, l’unica luce era quella dei nostri fanali e noi giù ai 40 – 50 km/h. Bho…a ripensarci…mi viene qualche dubbio sulla mia “sanità mentale“. Il Resia è fatto, è là alle nostre spalle mentre la notte è già scesa del tutto. Tutto è buio, tutto è uguale, solo qualche auto in senso contrario che ci abbaglia…forse non capisce che siamo ciclisti e non extraterrestri. La Val Venosta meriterebbe d’essere pedalata di giorno e non di notte, ma purtroppo in questa occasione non si può fare altrimenti. Lucio è davanti a tutti, ha una buona gamba e tira abbastanza forte, anzi tira come se si dovesse fermare a Bolzano (si, lui si è iscritto alla 300 km….Lucio calaaaaa 😉 ). Passiamo alcuni tratti che mi sono rimasti nel cuore fin dalla prima che li ho percorsi con Stefanino ed il Guerz, posti che ci hanno fatto sognare e ci hanno dato il benvenuto in questo strano mondo di ciclisti. E’ sempre bello ricordarli, come se fosse “l’altro giorno che eravamo a dormire sulla panchina del Piccolo Stelvio“. Lasciamo i ricordi alle spalle, arriviamo a Merano dove un piacevole pensiero va all’amico Giancarlo Concin e a tutto il suo staff. Chiediamo qualche informazione per trovare al ciclabile che conduce a Bolzano. La troviamo, è lunga, dritta e buia. Guerz e Lucio fanno il passo mentre noi 3 siamo dietro a ruota o distanziati di qualche metro. Ho la schiena indolenzita e per stirarla cerco di pedalare senza mani in modo da poter riposare le spalle. Senza un perchè, senza un motivo apparente a volte sento partire delle fitte dalle spalle fino al collo: inizio a sentire i primi sintomi del poco allenamento. Stringo i denti e non penso a cosa succederà arrivati a Bolzano. Pochi km ci separano dalla metà del giro. Piazza Walther è lì al km 320, Giona e il suo staff sono ad aspettarci. Due risate, due battute, un bel po di cibo e due dritte su dove trovare un albergo che ci accolga. Salutiamo Lucio e Gianni che tornano a casa. Siamo rimasti io e il Guerz, bagnati fradici e infreddoliti. Ci dirigiamo verso l’albergo, un signore di una certa età ci accoglie e ci spiega con molta pazienza e tranquillità cosa ci può offrire. A noi basta un bagno e un letto. Non ci serve altro, non ci serve nè grande, nè piccolo, nè bello, nè brutto…vogliamo solo dormire. Lui è talmente parsimonioso che non ci lascia andare a dormire. Noi sempre bagnati e stanchi siamo costretti ad ascoltarlo fino alla fine. Lo ringraziamo e ci dirigiamo a letto. Doccia bollente, due risate e 3 ore di sonno. Prima di chiudere gli occhi, ci diciamo “Se quando ci alziamo piove…prendiamo il treno…e la randonnee sarà finita qui.”. Suona la sveglia dopo 3 orette scarse di sonno. Ci alziamo, mettiamo fuori il naso dalla finestra e dal cielo non scende neanche una goccia d’acqua. Ci vestiamo in fretta, con braghe corte, maniche corte, manicotti, gambali e bande riflettenti. Le nostre biciclette sono ridotte male, sporche, piene di sabbia e fango, ma dovranno ancora pedalare fino a Ferrara. Riconsegnamo le borse a Giona e al suo staff e li salutiamo. Due colpi di tromba e via verso la periferia di Bolzano. Ci arrampichiamo su una ciclabile che non sembra quella giusta. Dopo un quarto d’ora ci fermiamo su una salita che non sembra finire mai. Bolzano è in una buca, dobbiamo andare verso Trento e non si capisce il perchè di quella salita. Controlliamo con GoogleMaps…e subito scappano una serie di imprecazioni! Stiamo andando verso l’altra vallata. Giriamo le bici e via lungo l’ Adige. Pedaliamo mentre il sole è ancora nascosto anche se lentamente fa capolino qualche raggio di sole. Ora ogni pedalata ha un altro sapore, sebbene la strada sbagliata abbiamo il sorriso, riusciamo a scherzare e a goderci quei tratti di strada che ormai conosciamo abbastanza bene. L’Adige prima è alla nostra sinistra, poi alla nostra destra e come direttrice teniamo l’autostrada sempre sott’occhio. Pochi km davanti a noi ecco due ciclisti vestiti di nero e azzurro (se non ricordo male): uno è Fabio, l’altro il suo amico con la bicicletta a scatto fisso (di cui non ricordo il nome). Ci salutiamo e assieme pedaliamo verso Sud. C’è il sole, c’è quasi caldo e incredibilmente le forze sembrano essere tornate. Siamo sempre davanti io e Guerz, mentre i nostri “soci” sono dietro a chiaccherare. La nostra pedalate è costante intorno ai 30 km/h, le gambe girano bene mentre la schiena non mi lascia tregua. Vigneti, ciclabili, curve, boschetti e tanti prati verdi ci danno il buongiorno, mentre il sole ormai è con noi e ci scalda a dovere. Mi tolgo i gambali e poi i manicotti. Giunti più o meno a Mori interpreto male il roadbook e mi lascio ai vecchi ricordi del passato della V.R.V. del 2010. Scolliniamo dopo Mori e finiamo sul lago di Garda. Uno spettacolo vedere il Lago, vedere l’acqua coperta di vele, vedere che là in fondo ci aspetta una strada che ci condurrà a Peschiara. Scendiamo veloci, scendiamo contenti, ma iniziano a balenarmi in testa strani pensieri. Il mio contachilometri è oltre i 400 km e i conti non tornano. Se in totale i km dovevano essere 650, c’è solo una risposta ai miei pensieri: siamo fuori strada….e forse l’abbiamo allungata. Finita la discesa, le miei perplessità prendono forma, visto che ci ritroviamo a Riva del Garda e il vento soffia inesorabilmente verso Nord. Dobbiamo fare tutto il lungo Lago fino a Peschiera e i km saranno diverse decine….penso intorno ai 50. Per non dare troppo fastidio al traffico siamo in fila indiana, il vento in fronte e davanti ci diamo il cambio io e il Guerz. Mi parte “l’embolo” e mi metto a testa bassa a pedalare, cercando d’accorciare per quanto possibile, la mia agonia. Il contachilometri senga i trenta, poi trentuno, poi trentadue e così via fino a punte dei 37 km/h. Pedalo, pedalo e spingo, voglio togliermi da quella strada tanto bella, ma tanto faticosa per colpa del vento. Dopo qualche km mi affianca Guerz e mi dice che i nostri amici si sono staccati. Penso un po e poi torno a pedalare: “Guerz, siamo in ritardo, Ferrara è lontana, dobbiamo darci dentro, altrimenti rischiamo d’arrivare tardi…e poi questo vento mi sta dando da fare…voglio andare via da qui“. Adesso, mi scuso con Fabio (se mai leggerà questo blog), ma ero talmente nervoso e poco gustoso che pedalavo dall’incazzo e non volevo arrivare in ritardo all’appuntamento a Ferrara. Noi a faticare e i turisti a rilassarsi, chi nelle spiaggette del lago e chi al ristorante. Diverse volte veniamo investiti da profumi strepitosi di pietanze che solo possiamo immaginare. Il lago mostra colori bellissimi, l’acqua appare di un blu intenso che sembra dipinto mentre il cielo è terso. Il vento frena la nostra discesa verso Peschiera, ma dopo qualche ora eccoci là, passiamo le mura e prendiamo la ciclabile lungo il Mincio. E’ trafficata, molte famiglie con bimbi pedalano incuranti di chi va in senso opposto. Due colpi di tromba e tutti si mettono in fila ;-). Perdo Guerz per qualche minuto, poi lo rivedo in fondo, dove mi aspetta ad un bivio: “Come vanno le gambe?“. Rispondo “Bene, mi hai staccato perchè ho dovuto fare lo slalom fra alcuni bimbi…del resto tutto bene“. Continuiamo assieme fino a Mantova dove, come al solito, dobbiamo chiede informazioni per cercare l’ Avis. Fermo una coppia di signori ai quali chiedo: “Mi sapere dire dov’è Cerese, Virgilio, l’ Avis?“. Loro incuriositi ci chiedono da dove veniamo, rispondo “Da Monaco di Baviera e dobbiamo arrivare a Ferrara entro sera“. La signora stupita ribatte “Ma siete partiti stamattina?” (saranno state le 14:00 circa). Sorriso e guardo suo marito “No, guardi siamo partiti ieri mattina alle 5:30 circa“. Lei rilassa il viso “Ah be allora….“. Non dico nulla, ascolto le indicazioni e salutiamo. “Ah ba allora“…cosa vuol dire? non sono un fenomeno…ma neanche sminuirci così 😉 . Il ristoro all’ Avis è da “film”. Riso alla pilota, ciccioli frolli, lambrusco e vino bianco. Rilassiamo i piedi, scherziamo con tutti e poi all’improvviso arriva Gianni di Verona. “Ciaoooo Gianni, come stai?“, scambiamo qualche battuta per poi ripartire assieme. Poco dopo ci perdiamo e ci ritroviamo nuovamente io e Guerz. Sono gli ultimi 100 km, gli ultimi 100km di pianura. Le strade sono due: o seguire l’argine del Po o fare la strada normale. Vista l’esperienza degli scorsi anni, optiamo per fare le strada normale, le nostre biciclette hanno sofferto già abbastanza. Via, si va, si vola verso Ferrara. Scende la notte, mentre i primi messaggi arrivano da Ferrara: il Lambert è là che ci aspetta dalle 16:00 (un po troppo ottimista), mentre Giada arriverà verso sera. Sono stanco, le gambe non girano e Guerz è paziente e mi aspetta. Mi aspetta, mi cede la sua ruota posteriore per farmi fare meno fatica, per darmi una mano ad arrivare a Ferrara. Cerchiamo le luci della città in lontananza ma difficilmente riusciamo a trovarle. Sono gli ultimi km, quado Guerz urla: FERRARA! Sì, è lì che ci da il benvenuto, è lì che ci aspetta. Due colpi di tromba per avvisare chi ci sta aspettando in Piazza Ariostea.
Sono li, un applauso, una abbraccio, un bacio e tanti sorrisi: Giada, Lambert, Giona, Simone, Marcello, il loro staff e qualche ragazzo che ha pedalato assieme a noi.
Un grazie a tutti per l’esperienza vissuta, un grazie particolare al mio inesaurible compagno di viaggio. Grazie Guerz, per questi km interminabili senza fine. 685 km, 41 ore e 20 minuti.
NOTA per Lambert e Paolo: dove eravate? A Monaco mancava il Lambert….a Ferrara mancava Paolo…..non riesco mai a pagarvela questa BIRRA 😉