RANDOGIRO dell’ EMILIA 2018

2 – 3 Giugno 2018 – Nel’ormai lontano 2009 incontrai sulla mia strada Lorenzo Borelli il quale mi ha firmato uno dei miei primi brevetti da 200 km. Da allora ci siamo sempre rispettati e scambiati piccoli gesti che nel tempo si sono trasformati in amicizia.Oggi mi trovo ad affiancarlo a fare un po da suo “braccio destro” nel portare avanti quel progetto in cui lui ha sempre creduto. Grazie Lorenzo.

ISCRIZIONI APERTE sul sito Audax Italia – RandoGiro dell Emilia
OPEN REGISTRATION on the Audax Italia – RandoGiro dell Emilia web site

La Polisportiva Spilambertese vi da il benvenuto, presentandovi il Randogiro dell’ Emilia 2018.

Via Gaetano Donizetti, 1, 41057 Spilamberto MO – NOTA: l’ingresso piu comodo è quello su via Casteluovo Rangone

Polisportiva Spilambertese welcome you and it’s pleased to show you the Randogiro dell’ Emilia 2018.

Via Gaetano Donizetti, 1, 41057 Spilamberto MO – NOTE: the most comfortable entrance is located in via Casteluovo Rangone.


Scegli la distanza e sfida te stesso…

300 km – tempo massimo 20 ore
600 km – tempo massimo 40 ore

Choose the distance and challenge yourself…
300 km – maximum time 20 hours
600 km – maximum times 40 hours

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Per qualsiasi informazione non esitare a contattarci, inviaci una mail a:
POL.SPILAMBERTESE.CICLISMO@GMAIL.COM
Ti risponderemo il prima possibile
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POL.SPILAMBERTESE.CICLISMO@GMAIL.COM
We will replay to you as soon as possible
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16 Dicembre – Randonnee Solstizio d’ Inverno

ARCO (TN) – Con qualche giorno di anticipo ad Arco si festeggia il Solstiziono d’ Inverno con una randonnee di 200 km in notturna. Insolita “formula” che però attrae molti ciclisti, molti amanti delle 2 ruote per una sfida abbastanza impegnativa dal punto di vista fisico: non tanto per l’altimetria ma per le condizioni climatiche. Siamo in Dicembre e le temperature non sono certo delle più miti, oscillano intorno ai 0°C, qualche grado sopra e qualche grado sotto: su qualche ciclocomputer si leggerà -2°C. La partenza è fissata per le 20:30 di sabato sera 16 Dicembre, con la consapevole certezza di pedalare tutta la notte sperando d’arrivare prima del sorgere del sole. L’organizzatore è Fabio Albertoni, un ragazzo solare, preciso e dal vero spirito randagio, una persona alla quale puoi chiedere informazioni con la certezza d’avere le risposte corrette. Nel suo “stile” è attento a tutti i dettagli, cercando di lasciare trapelare la difficoltà della randonnee e incoraggiando ogni ciclista informandolo sui punti più critici. Una randonnee è questa: amici, ciclisti, sorrisi, difficoltà, sudore fatica, sfida, incertezza, sicurezza,  e il piacere di visitare il Lago di Garda “addobbato” per le feste Natalizie.

Ore 16:30, salgo in macchina e parto verso Modena Sud. Sono solo in auto, quasi incredulo della “cosa” che sto per fare. Gli anni d’oro in cui partivamo in 2, in 3 o a volte in 4 per affrontare avventure analoghe sono finiti. Sono rimasto da solo e a volte la cosa mi spaventa: sono rimasto bambino o ho ancora voglia di affrontare il mio limite? A volte me lo chiedo, ad ogni partenza sono pensieri che mi tornano in mente e che lentamente svaniscono come sono venuti. Penso alle prime randonnee, alle prime avventure in cui ero “acerbo” ed inconsapevole delle difficoltà che avrei incontrato. Ora è tutto diverso, ora sono a conoscenza di cosa vado incontro, sono consapevole della presenza di una linea immaginaria oltre la quale non devo spingermi perchè potrei avere qualche difficoltà. Oggi, 16 Dicembre 2017, non sono allenato come vorrei e conoscendomi so che soffrirò prima della fine della randonnee.

Il viaggio verso Arco scorre relativamente veloce, mentre sento Guerz (l’americano) e Mirco (il Sommelier). Due mie grandi amici coi quali ho condiviso parecchi anni della mia vita e coi quali c’è un rapporto d’amicizia che va al di là della dell’oceano o del poco tempo che abbiamo per frequentarci. Ogni volta che ci vediamo o che ci sentiamo è sempre come quella volta che l’ americano e il sommelier mi “rapirono” per andare ad Alba…ma questa è tutta un’altra storia.

Sono ad Arco, cerco un parcheggio vicino alla partenza ma è tutto inutile. Tutto pieno, luci natalizie in ogni dove e un particolare scorcio di una piazzetta mi fa assaporare il gusto del Natale. Mi allontano del centro e trovo un parcheggio enorme a poche centinaie di metri: alcuni camper sono parcheggiati, diverse macchine col portabiciclette e qualche personaggio sconosciuto sta preparando il suo mezzo per la notte. Parcheggio e lentamente cerco di riordinare le miei idee: devo mangiare, finire di vestirmi e preparare la bicicletta. Manca poco più di un’ora alla partenza, decido di mangiare cosi da mettere in “cascina” un po di legna per la notte: la pasta col tonno che mia moglie mi ha preparato. Bevo una Red Bull e scendo dalla macchina: il freddo inizia lentamente a penetrare nella divisa e subito si fa sentire sulla pelle accaldata. Sono vestito a strati, nè troppo pesante, nè troppo leggero: non voglio sudare troppo durante il giro e di conseguenza devo soffrire un po di più prima della partenza. Ripercorro in bicicletta la strada che porta verso Piazza Marchetti: un bar circondato da biciclette, qualche ciclista fuori e molti dentro in fila per l’iscrizione. Fabio Albertoni è là che ci aspetta, aspetta ogni ciclista col quale scambia un saluto, un sorriso mentre consegna la carta di viaggio. Gli stringo la mano, due chiacchere e via nuovamente fuori a respirare l’aria tagliente. Non voglio abituarmi al caldo del bar, preferisco stringere i denti fuori vicino alla mia 2 ruote, sebbene manchi ancora una mezz’oretta al “via“. Riconosco un viso noto è Franco Mazzucchelli, al quale avevo chiesto di aggregarmi al suo gruppetto finche avrei potuto tenere il loro passo. Non ho tanta confidenza con lui, mentre lui con un semplice sorriso e due parole mi mette subito a mio agio. Mi guardo intorno, la piazzetta si sta lentamente riempendo di ciclisti…venti, trenta, quaranta, cinquanta….ogni minuto che passa ne conto sempre di più. Sembra che iscritti superiamo i 200: non sono l’unico ad avere qualche rotella che non va. Alzo lo sguardo e dalla porta del bar esce una barba brizzolata e un ragazzotto dallo sguardo noto: sono Pietro e Maurizio. Che spettaccolo rivederli! Anche loro hanno sempre il sorriso, hanno sempre 2 parole da scambiare e una battuta pronta per farmi sorridere.

 

Ore 20:30, sono in mezzo al gruppo di ciclisti pronti alla partenza mentre Fabio sale in alto, alza la voce mentre inizia l’ultimo briefing su eventuali punti critici che si possono incontrare sul percorso. C’è chi ascolta, chi parla e chi si scatta qualche selfie mentre io cerco di carpire qualche parola confusa che aleggia nell’ariao. Non capisco quasi nulla. Pazienza, vedrò il da farsi lungo il percorso. Partiamo alle 20:45 col terzo gruppo, siamo io, Franco, Rosanna, Pino e qualche altro viso che ho già visto ma che non conosco. La direzione è verso nord dove incontrerò esattamente ciò che Franco mi aveva anticipato qualche minuto prima: salitelle, freddo e qualche insidia sulla pavimentazione. La strada è deliziosa, le poche auto incrociate ci danno la precedenza salutandoci con 2 colpi di clacson. Intorno a noi è tutto buio, riesco a distinguere poco e nulla se non ciò che i fanali illuminano di tanto in tanto. La velocità non è sostenuta, anzi è quasi piacevole se non per il freddo che lentamente mi sta “pugnalando” l’indice e il pollice della mano sinistra. Tutto il resto del corpo è caldo o quanto meno non sente il freddo che lentamente la vuole fare da padrona. Passiamo Dro, il lago di Cavedine per poi dirigerci verso Il lago di Toblino il quale mi ricorda una trasferta di lavoro di qualche mese fa. Il castello è visibile, meriterebbe piu tempo e qualche foto, ma vista la situazione non posso permettermi di fermarmi e quindi via dritti attaccati alla ruota di chi mi precede. Giro di boa a Santa Massenza, dove qualche ragazzino ci aspetta per farci il secondo timbro: sono indaffarati, ci mettono tutto l’impegno che possono, uno timbra e l’altro mette l’orario. Spettacolo. Trovo un angolo buio dove “cambiare l’acqua al canarino” per poi ripartire nuovamente. La strada è pressapoco la stessa dell’andata per poi tornare ad Arco dove ci aspettano per il secondo controllo e il terzo timbro: 50 km fatti. Mangio qualcosa al volo e via nuovamente in sella per fare il giro completo del Lago di Garda. Adesso la strada la conosco bene, il lato veneto del lago mi da sempre grande energia e grandi soddisfazioni, i suoi “su” e “giu” sono pane per le mie gambe e dopo essere stato a ruota di Pino gli chiedo se vuole il cambio. Mi metto davanti e inizio a fare strada, non sento troppa fatica, anzi l’aria fredda mi da energia mentre il mio sguardo si perde nelle luci natalizie che animano ogni singolo paese che attraversiamo. Il traffico è poco se non inesistente, la strada è asciutta e il lago leggermente ondulato rompe il silenzio che la fa da padrona. Ricordo ogni singolo paese, ogni incrocio che negli anni passati mi ha visto assieme al Guerz pedalare e sudare per portare a casa qualche successo e qualche fallimento. Tutto fa parte del gioco e tutto si trasforma in esperienza e consapevolezza dei propri limiti fisici e mentali. Sono ancora qui a cercare fino dove posso spingermi, sono ancora qui a provarci, anche se per i piu svariati motivi, da San Vito sono partito da solo. Via verso Garda poi Bardolino e infine Peschiera, dove una leggera coltre di foschia si fa vedere. L’aria è molto piu umida rispetto a qualche chilometro precedente, mentre mi accorgo d’essere sudato e infreddolito. Ci fermiamo per fare un veloce timbro al McDonald di Peschiera, mentre il freddo “entra” senza chiedere permesso. Entra nei vestiti, si fa spazio e mi penetra nelle ossa. Mentre aspetto gli altri mi muovo, cerco di restare

il meno possibile fermo ma sembra quasi tutto inutile. Fortunatamente stiamo fermi circa 10 minuti, ne approfitto per mangiare un panino col prosciutto e bere un sorso d’acqua. Uno in fila all’altro ci dirigiamo verso l’altra metà del lago: la parte bresciana. Il corpo lo sento freddo, le mani sebbene abbia 2 paia di guanti sono intorpidite, il naso è un ghiacciolo, mentre i piedi sono stranamente caldi. Il lago di Garda deserto fa quasi impressione, sono abituato a vederlo durante il giorno, durante le ferie, durante quei giorni in cui non trovi un parcheggio, durante quei momenti in cui ammiri le barche sfrecciare all’orizzonte. In Dicembre, alle 2:00 di notte non c’è anima viva se non qualche locale nella zona di Desenzano e Peschiera che “sparala sua musica a tutto volume. Qualche ragazzo ci saluta, ci incita e poi lentamente lo lascio alle spalle. I chilometri iniziano a salire oltre le 3 cifre mentre le gambe continuano a macinare senza avere paura. Il lato del Lago di Garda che riguarda la parte bresciana lo conosco meno ma è ugualmente bello, mi regale scorci strepitosi messi in risalto da presepi cittadini incantevoli. Giochi di luci e riflessi particolari, non mi fanno accorgere del passare del tempo che inesorabile scorre km dopo km. Arrivati a Solarolo, cerchiamo di tenere gli occhi aperti, perchè dobbiamo individuare un cartello della “Esso” e leggere i km che mancano al distributore. La faccio molto  più difficile di quella che è: il cartello è gigante e proprio posto sull’ incrocio dove dobbiamo girare. Scatto una foto e via verso il lago che ci aspetta con le sue onde. Questa zona del lago è piu “agitata“, il vento inizia lentamente a farsi sentire con qualche leggera folata, ma che tutto sommato non ci disturba piu di tanto. Arriviamo a Salò dove mi vengono in mente 2 momenti della mia vita: il week end con mia moglie e l’imbarazzante situazione della MTB Garda Maraton.

Ve la racconto molto brevemente perchè mi fa ancora ridere: Trascorro un week end con mia moglie a Garda, parcheggio la macchina al venerdi a Garda (vicino all’albergo) e al sabato vado a Salò tutto il giorno (in traghetto). La sera ritorno in albergo e alla mattina seguente vado per prendere la macchina. Sorpresa! C’è una gara di MTB e la mia auto è parcheggiata in mezzo alla partenza affollata da migliaia di ciclisti. Parte il primo gruppo e lentamente la mia auto appare in mezzo ai ciclisti. Individuo lo speaker in mezzo alla folla e timidamente gli indico la mia auto. Lei con compassione: “vai, prendi l’auto e spostala”. Con tutto l’imbarazzo del mondo salgo in auto mentre centinaia di ciclisti e spettatori mi guardano. Avrei voluto avere il teletrasporto. (a mio favore? Al venerdi nel parcheggio non c’era nessun cartello…..che indicasse la gara della domenica) Fortunatamente tutto finì fra una risata e l’altra.

Torniamo a Salò, che ricordo molto volentieri con un pizzico di ironia se penso a quel week end. Ancora una ventina di km prima di giungere all’ultimo controllo prima dell’arrivo. Davanti a me vedo una galleria, la prima galleria preceduta da una salita che per la mia situazione fisica sembra il Mortirolo. Non capisco! Le gambe sono improvvisamente diventate legnose, i copertoni sembrano incollati a terra e molto velocemente il gruppetto mi stacca. Rimango ultimo e solo. Mi guardo le spalle e non vedo nesun fanale mentre le luci rosse sono ormai lontane, troppo lontane. Non riesco piu a rientrare e perdo definitivamente il contatto con quelli davanti. Arrivo al controllo, ho fame e sete e senza pensare mi fermo e cerco di ritrovare le energie che pochi km prima hanno deciso di abbandonarmi. Come se qualcuno avesse spento l’interruttore, mi trovo al buio, mi trovo senza le forze per sostenere il “passo” che fino a li mi aveva accompagnato. Riparto e lentamente cerco di concentrarmi per capire come posso gestirmi: se esagero mi “pianto” ancora di piu e se vado troppo piano “congelo“. Decido di non lasciarmi influenzare da chi riparte assieme a me e trovo la giusta cadenza nella pedalata. Al momento di difficoltà, si aggiunge anche il vento che come predetto da Franco inizia a soffiare abbastanza deciso e contrario. Guardo il cielo e ringrazio! Sono da solo, quindi me lo devo fare andare bene. Mancano ancora circa una trentina di km e tutti controvento. Ottimo! Mi raggiunge un tedesco (ricordo il soprannome Otto) col quale scambio qualche minuto di conversazione col mio inglese “maccheronico“. Ci capiamo, parliamo delle randonnee fatte in passato, dei luoghi visitati e delle attrezzature che ci portiamo dietro nei nostri viaggi. Mi stupisce il fatto che lui si affida totalmente da chi lo precede senza avere roadbook o navigatore. Io non riuscirei mai, sono abbastanza metodico. Fatto stà che dopo una decina di km mi trovo nuovamente solo, perchè Otto mi stacca e lo vedo sparire all’orizzonte. Mi raggiunge un ragazzo della provincia di Verona, col quale percorro con “un filo di gas” gli ultimi 20 km. Parliamo e ci teniamo compagnia fino alle 5:30 dove giungiamo ad Arco. E’ finita! 205 km, soddisfazione e voglia di ripartire! Mi godo l’alba seduto comodamente in macchina, mentre torno verso casa.

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09 Settembre 2017 – Lago Trasimeno

SAN VITO – Da qualche mese sto pensando al viaggio di settembre. Le idee sono poche ma gli amici sono tanti e mi faccio coinvolgere nel viaggio di Giannino verso la diga del Vajont: mi affascina l’idea. Passano le settimane e giorno dopo giorno controlliamo le previsioni meteo che non lasciano ombra di dubbio: acqua e freddo. Il pensiero di girare in bicicletta una settimana intera sotto l’acqua non è proprio il massimo, decidiamo di cambiare itinerario: Lago Trasimeno.
Sono l’unico che ha a disposizione l’intera settimana, quindi decido di partire al sabato mattina da solo, pedalare i primi due giorni in solitaria per poi essere raggiunto da Giannino ed Adriano al lunedì mattina a Fano mentre al martedì sera, Graziano si sarebbe unito a noi a Castiglione del Lago per poi proseguire tutti assieme.

Venerdì 08 Settembre: Sono concentrato su ciò che mi potrebbe servire durante il viaggio, come al solito preparo tutto sul divano e meticolosamente “insacco” ogni singolo capo in modo che occupi il meno posto possibile. Ricevo un messaggio del “Gara“, che mi chiede cosa avrei fatto l’indomani e se avessi voluto unirmi al suo gruppetto per andare a mangiare il pesce al mare….a Rimini. Sorrido, anzi me la rido di gran lunga, mentre non esito a rispondergli: “Gara, mi prendi in giro? Domani parto per un viaggio in bici di 7 giorni…e come prima tappa mi fermo a Rimini. Se non avete fretta e avete la pazienza d’aspettare una bicicletta con le borse…mi aggrego volentieri, cosi evito di fare tutta la Via Emilia da solo“. Detto fatto, l’appuntamento è per le 6:30 davanti alla stazione di Castelfranco Emilia.

Sabato 09 Settembre: Apro gli scuri, la notte è ancora lì, le poche luci dei lampioni illuminano il giardino davanti casa mia mentre il cielo è pieno di stelle. Le previsioni erano molto buone per la giornata…meno per il giorno dopo. Mi preparo, mangio abbondantemente e scendo in garage: la bicicletta è li, carica, lucida e pronta alla partenza. Inizia il viaggio verso sud.

Accendo i fanali ed inizio a pedalare verso la stazione di Castelfranco Emilia, dove mi aspetta il gruppo del “Gara”. Poche centinaia di metri e torno indietro…ho scordato gli occhiali da sole….che a quell’ora non servono, ma durante il giorno fanno comodo. Mentre esco di casa per la seconda volta, Giada mi viene incontro, un abbraccio, un sorriso e ci si da appuntamento verso sera…su Whatsapp. L’aria è fresca, le luci della bicicletta illuminano la strada mentre col sorriso inizio a fischiettare, poi a cantare: “…voglio vivere così….col sole in fronte….felice canto…“. Via Medicine….attraverso la Via Vignolese…poi prendo il Percorso Natura lungo il fiume Panaro. Solitamente questa strada la percorro per andare a lavorare, mentre oggi con un passo piu veloce del solito, mi porterà dritto a Castelfranco Emilia. Il Gara è già là con alcuni sui amici, lo sento parlare e ridere mentre scarica la sua bici dal furgone. Giannino, è venuto a salutarmi, è lì a fare due foto ricordandomi che arriverà a Fano il lunedì seguente. Si parte, due “trombettate” dall’immancabile trombetta fissata sul manubrio e via verso il mare. La mia bicicletta, dall’aspetto goffo, sfigura in mezzo alle altre 6 biciclette da strada, tirate a lucido e leggere come piume. Le borse fissate sul portapacchi posteriore, il borsello sopra la ruota anteriore e le luci posteriori ed anteriori, mi fanno sentire un pesce “fuor d’acqua“. La mia pedalata “lenta ma violenta” si fa rispettare, anche se capisco bene di rallentare il gruppetto che con molta pazienza cerca di non andare oltre i 30 km/h. Oltre al “Gara”, conosco anche “Bobo“, il cugino di Giannino, che subito mi tira in mezzo al gruppo e mi fa conoscere il resto della “banda“. Tutti ragazzi piu o meno della mia età che incuriositi dalla mia bicicletta iniziano a chiedermi qualcosa…su dove vado…quando torno…ecc. Da li a poco è tutta discesa, perchè mi sento parte di un gruppetto di amici che stanno andando a Rimini a mangiare il pesce. Un po sto davanti, un po sto dietro, un po cerco di non mollare, ma arrivati a 40 km da Rimini, mi rendo conto che sto “spendendo” veramente tanto, in termini di energie e decido di lasciarmi sfilare dal gruppo per proseguire da solo. Abbiamo percorso i primi 100 km, ad una velocità abbastanza sostenuta per le mie gambe e la mia bici, per non arrivare distrutto, saluto il Gara e gli do appuntamento al bagno 44, dove loro mi aspetteranno. Arrivo circa alle 13:15, sono tutti a sedere che mi aspettano per dare inizio alle “danze“. Non manca nulla, birra, pesce, piadina e tante risate. Finito il pranzo si riparte su strade diverse, il gruppo del “Gara” si dirige verso la stazione dei treni, mentre io continuo verso sud…pochi km per raggiungere l’albergo. Mi consegnano le chiavi della camera dove con la giusta calma, mi butto sotto la doccia per poi sdraiarmi sul letto. E’ una stanza piccolina, al limite della sopravvivenza, ma non importa, sono talmente stanco che dormirei anche per terra. La sera passa veloce, mentre il cielo diventa sempre piu scuro e qualche lampo inizia a illuminare l’orizzonte nell’entroterra. Cado in un profondo sonno…interrotto solo dalla sveglia delle 6:00.

Domenica 10 Settembre: Apro gli occhi, e subito guardo fuori dalla finestra. Sembra che abbia smesso di piovere da poco, le strade sono bagnate, mentre il cielo è stranamente sereno verso sud e annuvolato verso nord. Sono le 6:30 quando scendo per fare colazione, anche se è tutto ancora fermo lì, fermo alla sera prima, come se nessuno si fosse alzato. Intravedo una luce in cucina e una ragazzina mi da il buongiorno, anche se stupita nel vedermi vestito da ciclista. Ho un po fretta, voglio partire il prima possibile, in modo da evitare l’acqua. Mangio un boccone al volo e scappo, come se qualcuno mi corresse dietro con un bastone. Davanti all’hotel una signora mi saluta, ha l’accento dell’ est. La guardo, sorrido e la saluto con la mano. Stamattina, l’intenzione era di passare per Tavullia, Urbino e tornare sulla costa in zona Fano: un totale di circa 100 km, con qualche su e giù. Un piccolo “punto della situazione“, per decidere di annullare tutto e dirigermi direttamente a Fano, senza passare nell’entroterra, che sembra minacciare acqua pesante. La ruota inizia a muoversi, le gambe sono un po “legnose” mentre di fronte a me sembra alzarsi il sole. Le nuvole sono tutte alla mia destra e alle mie spalle, mentre di fronte a me l’alba inizia a mostrare i primi volti di chi si fa una corsetta sul lungomare. Due amici sono li seduti su un piccolo ponte, mentre si gustano il sole salire in alto nel cielo. Mi fermo a pochi metri e li saluto, chiedendo loro di poter scattare una foto. Mi lascio Rimini alle spalle, mentre Riccione è quasi alle porte: attraverso una zona quasi depressa, per non dire abbandonata. Le vecchie “colonie” sono ancora li, in ricordo di quando ospitavano centinaia di bambini. Sono li, immobili, vuote, ad osservare il mare ogni giorno ed ogni notte. Li accanto, a volte di fronte, qualche struttura alberghiera lasciata al suo destino, abbandonata a se stessa, lasciata preda di qualche vandalo e delle naturali erbe e piante spontanee che stanno prendendo possesso dei luoghi abbandonati. Se osservato nel suo piccolo, mi ricorda qualche film di fantascienza…sulla fine del mondo. Pedalo e osservo, osservo e pedalo, dando sempre un’occhio al cielo, che in pochi km ha già cambiato volto. Il sole se nè andato in anticipo, lasciando spazio a nuvole grige e poco rassicuranti. Sebbene siano le 7:30 circa, la strada è gremita di persone che vestite dei colori del proprio idolo, si dirigono verso Misano dove si disputerà la gara del motomondiale. Colori sgargianti, divise impeccabili, bandiere, cappellini e sorrisi come se piovessero. Questi sono appassionati, tifosi, gente che va a vedere uno spettacolo…nessuno si “mena“…anzi sembrano tutti “amici“. Che differenza che c’è col mondo “malato” del “calcio“! Passato Riccione ecco che arrivano le prime gocce, prima leggere come bolle di sapone, e subito dopo pesanti come gavettoni il 15 di Agosto. Non c’è nulla da fare, la situazione non cambierà fino a Fano. Cattolica la passo senza accorgermene, mentre mi gusto Gabicce Monte sotto l’acqua. E’ sempre bello pedalare su questa collina che si alza sopra il livello del mare, lasciando scorgere panorami mozzafiato anche se celati di nuvole minacciose e cariche d’acqua. Incontro qualche altro “disperato” in bicicletta, ci salutiamo e ci scambiamo “il buongiorno“. Scendo verso Pesaro, facendo attenzione ai freni: quando piove i “tappetti” si consumano molto velocemente e sapendo di non averli “nuovi“, cerco di frenare il meno possibile. Sento il classico rumore della sabbia stridere fra cerchio e tappetto, mollo la presa, torno a pinzare e la rimollo…..cosi in una danza fra acqua e velocità. Arrivato a Pesaro passo per il centro dove chiedo informazioni su quale strada mi conviene fare: c’è il mercato e mi sono perso. Le indicazioni sono poche e confuse, ma alla fine mi ritrovo sulla ciclabile lungo il mare che conduce a Fano: acqua, acqua e ancora acqua. Arrivato alle porte di Fano, chiamo Gabriella per farmi dare qualche indicazione su come raggiungerla. Lei molto gentile mi dice: “Stia fermo dov’è, la vengo a prendere, cosi evita di bagnarsi“. Mi scappa un sorriso: “Non si preoccupi…è da Rimini che sono sotto l’acqua battente“. Sono in camera, mi spoglio, faccio una doccia bollente di 20 minuti e mi metto a sistemare la bicicletta: bisogna lavarla, oliarla e cambiare i freni. Un freno si è addirittura rotto, non riesco a ripararlo…che fare? L’indomani, prima dell’arrivo di Giannino ed Adriano, cercherò un meccanico o quanto meno qualcuno che mi possa aiutare a sistemare il danno. Ora sono stanco, punto la sveglia e vado a letto…per oggi ne ho abbastanza. Cado in un sonno profondo…

Lunedi 11 Settembre: La notte passa tranquilla, quando la sveglia suona. Mi affretto a vestirmi, salgo le scale, mentre Gabriella mi ha già preparato la colazione. Crostata appena sfornata, latte, caffè, marmellata e qualche panino saltato. Cosa si vuole di più? Le chiedo informazioni sul meccanico più vicino, dove poter riparare il freno malandato. Con precisione quasi chirurgica, mi indica il meccanico dove lei va di solito. Saluto Gabriella ed inizio a pedalare. Il cielo è tutto sommato sereno, le gambe girano abbastanza bene e in meno di 5 minuti sono davanti al meccanico che alle 8:00 ha già aperto ed è già operativo. Smonto le borse, solleviamo la bicicletta e aspetto che il “chirurgo operi il paziente”. Svita, avvita, stringi, regola, cambia, prova e alla fine mi torna a ridare la bicicletta con una modica spesa di 11 Euro! Soddisfatto, saluto e vado verso la stazione dei treni, ad attendere i miei compagni di viaggio: Giannino ed Adriano. Arrivo in anticipo e mi metto a scrivergli qualche messaggio: “Andate piano anche in treno 🙂“. L’altoparlante della stazione ferroviaria di Fano annuncia l’arrivo del treno e in meno di un batter d’occhio ecco scendere Giannino con Adriano. Gli vado incontro, scatto due foto e suono la trombetta. Si parte…verso il primo bar 🙂 . Seconda colazione della mattinata, a “base salata” per poi mettersi in fila indiana e puntare verso l’entroterra: Gubbio è la nostra destinazione. La strada lentamente sale, mentre il cielo inizia ad annuvolarsi seriamente. L’entroterra sembra minacciare acqua, anche se le previsioni meteo non erano poi cosi brutte. In fila indiana, prima uno poi l’altro ci diamo il cambio per faticare un po per uno. Passiamo Fossombrone per dirigerci verso le prime colline, che da li a poco non si fanno attendere, dando vita alla Gola del Furlo. La Gola del Furlo, non è proprio un “Passo”, ma un passaggio in una gola stretta che negli anni della seconda Guerra mondiale fu teatro di momenti abbastanza tesi, ma che fortunatamente non sfociarono in feroci scontri. Mentre transitiamo in queste zone, Giannino, assieme ad Adriano mi dispensano di perle storiche di cui faccio tesoro. E’ da qualche ora che l’acqua scende, non è forte, ma insistente e lentamente scende lungo la schiena. Fortunatamente non è freddo, anzi la temperatura è quasi piacevole. Ci dirigiamo verso Cagli e pian piano ci avviciniamo alla meta, chiediamo informazioni su quale sia la strada migliore da percorrere: “La Contessa” o no? E’ un dilemma che ci affligge: c’è chi ci indica “La Contessa” giurando che è la migliore…c’è chi ce la sconsiglia perchè non è bella. Che fare? Ci fermiamo e per poco non tiriamo la moneta. Alla fine decide Adriano, ma nella scelta rischiamo di sbagliare strada, poi con un colpo di lampo del Giannino riusciamo a percorrere la strada scelta da Adriano. Ora si sale con decisione verso “La Contessa” mentre l’acqua è incessante, quasi al limite della sopportazione. La strada è tortuosa, anche se non riesco a godere del panorama che offre, visto che l’acqua si infila in ogni dove. Finita la salita della “Contessa“, scolliniamo e scendiamo verso Gubbio. Pochi km di discesa, cerchiamo un albergo che ci ospita: è in centro, bello, grande e con un garage per custodisce le biciclette. Una doccia calda, un riposino sul letto e via verso l’aperitivo seguito da unìottima cena. E’ ora di dormire, oggi abbiamo faticato a sufficienza.

Martedi 12 Settembre: Gubbio, non credevo fosse una cittadina così bella. C’ero stato da piccolo, molto piccolo e non ricordavo nulla di queste vie che si intrecciano una con l’altra fra case in sasso, chiese, piazze e gente che proviene da ogni parte del mondo. Dopo aver condiviso la camera con Giannino, mi sveglio, faccio la doccia per poi fare colazione. In sala oltre a noi c’è uno “sciame di cavallette” che prima di partire per una lunga camminata assale il buffet del salato e del dolce. Saranno in 60/70 persone tutte vestite da camminatori che si apprestano a rifocillarsi prima di iniziare a camminare per chi sa quale destinazione. Mangiamo a sufficienza e via, verso il Lago Trasimeno. Sta per iniziare il quarto giorno in “sella” e il fondo schiena inizia a farsi sentire: uso due tipi di creme, una per la notte che dovrebbe alleviare le irritazioni e una per il giorno che dovrebbe evitare le irritazioni cutanee. Bhooooo…diciamo che contano, ma il “sedere” è bello rosso. Dopo aver sistemato la bicicletta, ingrassato la catena, pulisco i freni e partiamo “col sole in fronte…felice canto“. La strada è trafficata, ma non possiamo fare altro che percorrerla tutta: è un drittone infinito, sembra una classica strada americana che si perde all’orizzonte. In fila indiana e spinti da un leggerissimo vento, voliamo alla fine di questo tremendo drittone, che lentamente abbandoniamo per perderci fra le colline umbre. Raggiunta Umbertide, ci fermiamo a prendere un caffè e alcune nozioni storiche del nostro Giannino: “Umbertide prende il nome da Umberto di Savoia, nella seconda metà del ‘800“. Riposate un po le gambe e scambiate due “chiacchere” con due arzilli anzianotti del posto, torniamo a pedalare lungo il confine Tosco-Umbro. E’ un continuo saliscendi, forse più “sali” che “scendi“, ma con forza e tenacia siamo li ad arrancare sulla salita piu impegnativa della giornata, quella che ci porterà a scollinare sul Passo Gosperini. La gamba è buona, gira bene e spesso mi trovo davanti ai miei due compagni di viaggio, vado avanti e mi fermo a fare qualche foto e con la scusa li aspetto per poi tornare avanti qualche decina di metri. Il sole si fa sentire e assieme al peso delle borse diventa sempre piu difficile raggiungere la “vetta“. Curva dopo curva siamo lì, quasi appaiati: io davanti, Adriano 2 metri dietro la mia ruota e Giannino non lo vedo. Mancano pochi metri al Passo, quando sento “scalare una marcia e un urlo di Adriano“! Mi giro repentinamente e vedo Giannino che mi guarda mentre con 3 pedalate mette la ruota davanti la mia. Urlo e rido, scalando a mia volta la marcia. Metto tutta la forza che posso sui pedali, ma ormai mi ha preso quei 2 metri che non riesco piu a recuperare. Giannino alza le braccia al cielo e io lo insulto come se non ci fosse un domani. Che ridere…il Capitano mi ha fregato in volata! Due foto di rito con il lago alle spalle e via verso la discesa che ci porta proprio sul Lago Trasimeno. Abbiamo fame, ma Giannino suggerisce di mangiare qualcosa a Passignano e noi due senza battere ciglio annuiamo e ci mettiamo a pedalare. Passignano, paesotto sulle rive del lago, che offre un piccolo porticino dove qualche imbarcazione attracca o parte e una serie di locali dove c’è solo l’imbarazzo della scelta su cosa mangiare. Adriano è amante dei “pici” e senza stare tanto a “menare il cane per l’aia” (a perder tempo), ci infiliamo in un locale a pochi metri dal logo gestito da 2 ragazze, che scopriremo essere di nazionalità rumena. Carine, simpatiche e cordiali ci servono 3 piatti di pici da volare via. Ben cotti, saporiti ed abbondanti. Come è nostro fare scambiamo qualche parola, due sorrisi e qualche grassa risata. Decidiamo di ripartire per percorrere il lungolago in senso orario: la parte sud è un po lasciata al caso, la strada non è bellissima e la vegetazione è crescere spontaneamente coprendo buona parte della riva. Pedaliamo fra campi brulli, erba secca e qualche casa sparsa qua e là, dove sporadicamente si vede qualche personaggio impegnato nei lavori quotidiani. Castiglione del Lago, lo raggiungiamo nel pomeriggio, dove troviamo un accogliente albergo proprio nel centro storico: doccia rigenerante, riposino sul letto e alle 18:30 e aperitivo nel bar lungo il viale del centro. Aneddoti, racconti, barzellette, sorrisi e qualche scherzo ci fanno passare un’oretta senza pensieri nell’attesa dell’arrivo di Graziano e sua moglie. Poco dopo le 19:30 ci siamo tutti e 5: io, Giannino, Adriano, Graziano e Carla. Che fare? Un’altro giro di prosecco e altro girto di stuzzichini per poi andare  dritti verso la cena: salumi e formaggi come antipasto, una tagliata o un primo, patate al forno, verdure grigliate, dolce e caffè. Si sorride, ci si prende in giro, ci si racconta per poi decidere di andare a riposare. Sulle mie gambe i 4 giorni di bicicletta si fanno sentire, anche se c’è ancora tanto da pedalare prima di tornare a casa. Cerco di farmi qualche improvvisato massaggio alle gambe, sembra darmi sollievo, forse è solo la voglia di un vero massaggio rigenerante.

Mercoledi 13 Settembre: Come al solito, mi sveglio molto prima che suoni la sveglia, mi guardo intorno e inizio a giocare col cellulare. Mando un messaggio nella chat del gruppo “Lago Trasimeno 2017“, chiedendo se sono già tutti svegli o c’è qualche “addormentato“. Alle 6:00 in punto rispondono tutti! Bene, mi alzo, condivido il bagno con Giannino per poi vestirmi con tutte le precauzioni del caso. Dopo una discreta colazione siamo pronti per partire verso Stia. Salutiamo Carla, che gentilmente ci fa gonfiare le ruote con una pompa da bicicletta seria. Adesso siamo al completo e si pedala verso nuovi orizzonti. Cortona è alle porte, mentre Giannino mi ricorda che è il paese di Lorenzo Cherubini (ai miei tempi era Jovanotti) e subito mi viene da salutare Kury, un nostro compaesano fan sfegatato del cantante. Decidiamo di non entrare in centro e di dirigerci verso Castiglion Fiorentino che passiamo poco dopo. La strada non è in salita è tutto un saliscendi molto piacevole che ci permette di sostenere velocità abbastanza costanti al di sotto dei 28 orari. Arrivati ad Arezzo, decidiamo di fermarci e di fare un giro in centro, anche se il traffico automobilistico si fa sentire. Il centro è decisamente bello, gente che compra, gente che cammina, chi osserva e chi fa foto. Sono fermo davanti ad un negozio, mentre mi si affianca un vecchietto dal fare molto simpatico. Con un inglese perfetto mi chiede se conosco Froome per poi dirmi che il suo campione è Coppi. Mi saluta, prende sotto braccio sua moglie e si allontana sorridendo. Graziano tiene tanto ad Arezzo ed effettivamente ha ragione, il giro nel centro storico è spettacolare. Torniamo sulla strada principale, dove le auto sfrecciano come su un circuito di F1. Non abbiamo alternativa e ci dobbiamo subire la SR70! Non ho tanti ricordi, se non questa strada che non finisce più…a volte in salita, a volte in discesa. E’ quasi ora di pranzo quando siamo a Subbiano: una piccola cittadina che si sviluppa a fianco dell’ Arno. Cerchiamo un locale, chiedendo a qualche passante: la prima persona, una ragazza della nostra età, quasi impaurita risponde che non è del posto e se ne va quasi di fretta. La seconda, una signora sulla cinquantina, molto gentilmente ci indica “La corte dell’ Oca“. Strepitoso locale, creato sui ricordi dei nonni dei proprietari: all’interno c’è una vespa degli anni 50, una Lambretta, e tanti ma tanti oggetti di quell’epoca ormai passata. Il servizio è eccellente e i piatti sono strepitosamente buoni. Ottima scelta! Si riparte. Bibbiena è alle porte, e dopo una ripida salita, penso intorno al 20%, arriviamo in centro storico dove iniziamo a gironzolare fra le viuzze strette e ben tenute. Un signore ci saluta, un altro sorride mentre noi ci dirigiamo verso una pizza, sinceramente non so se sia la principale, ma ci fermiamo a fare due foto alla vallata che si mostra in tutto il suo splendore. Ci fermiamo in un bar a poche centinaie di metri, dove mangiamo qualcosa e ci prendiamo un buon caffè. Alcuni signori, incuriositi dalla “targa” della mia bicicletta si fermano ad osservarla :”Piccole storie di grandi amici” e poi sorridono. Colgo l’occasione per scambiare due parole, che poi si riveleranno racconti piacevoli sulle nostre vite. Riprendiamo il nostro cammino sempre sulla solita noiosa e a tratti pericolosa SR70 che ci porta prima a Poppi poi a Stia, dove avevamo deciso di fermarci. Trovato l’albergo, sistemiamo le biciclette in un garage a poche decine di metri per poi andare a fare una doccia calda. Aperitivo e cena. Cena? Rivolgiamo la stessa domanda alla ragazza dell’ albergo (Jessica) e a qualche passante: “Dove possiamo mangiare una pizza?“. La risposta è sempre la stessa “A 1 km circa c’è una pizzeria, in quella direzione“, indicando il sud. Fidandoci delle indicazioni, ci incamminiamo, 500 metri…. 1 km…. 1,5km…. 2km…. penso siamo stati fra i 2,5km e i 3km……che fatti a piedi diventano tanta roba, dopo una giornata trascorsa sulla bicicletta a pedalare. Senza pensare il ritorno a pancia piena. Il locale leggermente rumoroso è “L’officina della Pizza“, dove si può mangiare un’ottima pizza in modalità self-service. Vai a banco, la ordini e aspetti che una delle ragazze urli il tuo nome. Non sazi, decidiamo di fare il bis. Torniamo in albergo, dove dormo pesantemente fino all’indomani.

Giovedi 14 Settembre: Sveglia alle ore 6:30, colazione abbondante, paghiamo l’albergo e salutiamo Jessica. Da Stia dobbiamo andare verso nord, per giungere nel pomeriggio a Forli, dove Adriano e Graziano prenderanno il treno per tornare a casa. La strada è in salita, di fronte a noi il Passo della Calla. Questo passo mi ricorda una randonnee di qualche anno fà, dove presi acqua e vento forte per tutta la notte, fino a giungere su questo Passo bagnato e infreddolito. Oggi è diverso, c’è un po di sole, non piove e le gambe sono meno stanche. Partiamo tutti e 4, la salita è dolce, non è “cattiva“, quindi del nostro passo, metro dopo metro ci lasciamo alle spalle un tornante alla volta. Di tanto in tanto mi fermo per fare qualche foto: alberi altissimi, una vegetazione rigogliosa che mi fa dimenticare per un attimo il traffico del giorno prima. Durante la salita non piu di 5 macchine ci superano, lasciando spazio al silenzio interrotto dal vento che si infila fra le foglie degli alberi. Silenzio e fruscio. Pian piano che saliamo, le nubi sembrano venirci incontro, fino ad avvolgerci in un mantello freddoloso. Mi stacco dal gruppetto, a volte in dietro a volte in avanti fino a raggiungere la vetta per primo. Mi spoglio dei vestiti bagnati dal sudore e mi infilo subito una maglia a maniche lunghe e il kway, perchè sul Passo fa freddo e l’aria è gelida. Mi preparo a scattare alcune foto per poi immortalare i miei 3 compagni di viaggio. Poco piu avanti c’è un rifugio, dove prendiamo un caffè e mangio una cioccolata. Ora è tutta discesa: una curva, un’altra, una frenata, un’accelerata fino a fermarmi a destra per pulire i pattini dei freni, che fanno un rumore strano. Nulla in tutto, in 2 minuti sistemo il freno e riparto, fino a raggiungere i trio che mi precede. Come al solito ci prendiamo in giro, due risate e poi a testa bassa mi metto davanti a tirare. La strada è un falso piano in discesa e visto che sto abbastanza bene, riesco a tenere una buona andatura. Abbiamo fame, ma resistiamo fino a Santa Sofia (se non sbaglio), dove “infiliamo i piedi sotto al tavolo“: la cameriera non è delle più simpatiche, ma alla fine mangiamo bene. Mi dispiace che Adriano e Graziano fra poche decine di km debbano abbandonarci, ma purtroppo le nostre strade si divideranno a Forlimpopoli. Riprendiamo a pedalare in direzione est, verso il mare Adriatico, incrociando prima Civitella di Romagna, poi Cursercoli e a scendere Meldola, dove da li a poco arriviamo ad una rotonda, dove scattiamo l’ultima foto tutti assieme. Adriano e Graziano tengono per Forlì centro, mentre io e Giannino ci dirigiamo verso Forlimpopoli….abbiamo ancora qualche ora da pedalare. Sono le 16 circa, quando ci fermiamo in un bar a mangiare e a bere una CocaCola ghiacciata, giusto per avere le energie per arrivare al B&B, che dista ancora molti km. Passiamo Cesena, ripercorrendo la solita Via Emilia che ormai mi ha visto pedalare molte volte. Sono spesso davanti a tirare, per fare sprecare meno energie a Giannino, il quale lascia trapelare le fatiche della giornata. La velocità non è altissima, ma con quelle biciclette e dopo tanti km, si inizia a fare sentire. Savignano sul Rubicone è là, là davanti che ci preannuncia la vicinanza di Sant’Arcangelo di Romagna, dove ci fermiamo una mezz’oretta. La nostra intenzione è di fare il Monte Carpegna il giorno seguente, per poi prendere il treno a Sant’Arcangelo per tornare indietro. Le previsioni meteo del sabato non sono buone, quindi meglio il ritorno comodo e asciutto. Detto fatto, ci informiamo sugli orari del treno e decidiamo di acquistare il biglietto per l’indomani: 11 Euro + 3,5 Euro per la bici. TOP! Ripartiamo in direzione Verucchio, dove decidiamo di fermarci per la notte. Ormai le energie sono poche, la pedalata è lenta e il sole di tutta la giornata inizia a farsi sentire. Giannino mi segue e io lentamente risalgo il fiume Marecchia, che come una guida ci conduce a Verucchio. Lasciamo il letto del fiume per inerpicarci sulla salita che ci porta in centro: sembra piu lunga di quanto è realmente, la pedalata è lentissima e il mio peso è tutto sul manubrio. Giannino è a poche decine dimetri, mentre ad ogni curva spero d’essere arrivato. Raggiungiamo il centro e come due pesci fuor d’acqua iniziamo a chiedere informazioni per raggiungere il B&B. Fortunatamente una coppia di “novelli sposi” ci da due dritte, ma subito ci perdiamo. Disastro! Fortunatamente la “novella sposa” va verso casa e la seguiamo sorridendo, visto che la sua casa è vicina al B&B. Lei sorride e poi ci saluta entrando in casa. Ancora poche centinaia di metri che con le indicazioni di un “bariagozzo“, che ci scambia per stranieri, diventano diverse centinaia dimetri. Ci dice: “Wait…Left…Right…Left…“. Annuisco e gli rispondo in italiano. Lui sorride. In pratica, non sapeva distinguere la SINISTRA dalla DESTRA. Tutto da rifare torniamo  indietro e troviamo subito il B&B. La casa è molto bella, all’interno ci accoglie un’artista che sembra vivere di fotografie, mentre noi non vediamo l’ora di fare una doccia ed andare a cena. L’indomani ci aspetta il Carpegna, con “Il Cippo“.

Venerdi 15 Settembre: Ultimo giorno, ultime pedalate, ultimi sforzi per terminare un viaggio durato 7 giorni. Vista la scalata al Carpegna e il treno a Sant Arcangelo di Romagna delle 17:00, decidiamo di alzarci presto, non piu tardi delle 6:00. Colazione e via sulle due ruote. E’ discesa fino al fondovalle per poi iniziare una lenta ascesa in direzione Pennabilli, seguendo il letto del fiume Marecchia. La SP258 è abbastanza trafficata e quindi senza discutere, ci mettiamo in fila indiana: Giannino a ruota e io cerco di tirare senza strafare, pensando a ciò che mi sarebbe aspettato. Paesotto dopo paesotto, arriviamo a Ponte Messa, dove ci fermiamo in un bar senza insegna: da fuori sembra quasi abbandonato, mentre l’interno è ben tenuto e le due ragazze che lo gestiscono sono molto gentili e preparano pizzette favolose! Mangiamo qualcosa e chiediamo se ci tengono le borse per facilitarci la scalata del Carpegna. Loro gentilmente ci tengono tutto e noi partiamo. La salita al Carpegna, è di circa 13 km, passando prima da Pennabilli: cittadina visitata nel passato sia dal Papa che dal Dalai Lama. Incuriosito, mi documento sulla storia di Pennabilli e nel passato scopro che esistevano Penna e Billi, che furono poi initi dopo un patto firmato su una pietra interrata nei pressi dell’attuale fontana situata in piazza. Tale pietra è denominata “Pietra della Pace“. Saliamo lentamente, chiaccheriamo fino a che Giannino lo vedo distante e poi sparire dopo qualche curva. Mi godo la salita, mi godo il sole, mi godo tutto, pensando a quante volte Marco avesse scalato quelle montagne, allenandosi per raggiungere il cuore di noi italiani. Curva dopo curva, ecco il “Carpegna Park“, che lasciato sulla nostra destra ci accompagna alla veloce discesa. In pochi istanti sfrecciamo velocemente verso Carpegna. Pensavo fosse situata sul Passo, invece è là sotto, a dare il “via” alla salita verso il Cippo. Giannino mi lascia all’inizio della salita: “Vai SerPentini….ora tocca a te“. Alzo il braccio verso il cielo e vado, mi godo metro dopo metro, mi fermo a leggere le frasi, le fotografo, leggo i cartelloni, osservo ogni cosa, ogni messaggio e cerco di immaginare Marco mentre scalava la stessa salita. “Io lento e pesante, lui veloce e leggero“. Sorridente, stanco e contento d’essere lì. E’ una salita che sembra non finire mai, salgo lentamente, poi mi fermo incantato da chi su quella strada ha speso tutte le sue energie per arrivare primo: “Il Carpegna mi basta. Da Coppi in poi, è una salita che ha fatto la storia del ciclismo e ogni tanto anche il Giro c’è passato. Io non le conto più le volte che l’ho fatta, allenandomi“. La vetta è li davanti e come una lieta novella, appare l’immagine di Marco col braccio destro alzato che indica il cielo, mi fermo e scatto due foto. Sono abbastanza in alto da sentire fresco, mi infilo il Kway e giù in discesa a incrociare Giannino al ristorante sopra a Carpegna. Arrivo in poco tempo, ma lui ha già mangiato il suo piatto di tagliatelle con i funghi. Non ho molta fame e scelgo di scendere fino al bar dove avevamo lasciato le borse: mangio ancora 4 pezzi di pizza e mi bevo una CocaCola. Ora il giro è “ufficiosamente” finito, la parte più bella se nè andata con l’ultima salita verso “Il Cippo“. Il sole fa capolino fra qualche nuvola e a noi mancano circa 40 km per raggiungere Sant’Arcangelo di Romagna. Io davanti cerco di mantenere un’andatura sostenuta, in modo da prendere il treno delle 17:00. Giannino non molla e in men che non si dica, alle 15:30 circa siamo quasi arrivati. Una goccia, due gocce, tre gocce….e infine un’acquazzone forte, talmente forte che fatichiamo a schivare le sporadiche buche. Giannino è senza occhiali e lo vedo staccarsi dalla mia ruota, io sono zuppo, da testa a piedi e con l’ultima ora d’acqua si chiude definitivamente il giro. Siamo a Sant’Arcangelo di Romagna, in stazione, come due poveri disperati ci asciughiamo e ci cambiamo i vestiti. Ora è tutto nelle mani del treno, che puntuale ci scarica a Castelfranco Emilia. Un’altro viaggio è finito…aspettando il prossimo.

“Il giorno più bello del viaggio è domani”
cit. M.B.

Pubblicato in Anno 2017 | 4 commenti

26 Febbraio 2017 – Randonnee del Lago e del Filù

Chiuduno - Team TestaCHIUDUNO – Sono passati piu di 365 dall’ultima randonnee, dalle ultime pedalate col Guerz, dalle ultime fatiche e sorrisi strappati sul percorso e all’arrivo. A Gennaio parlo con Giada della bici e dei tempi passati e senza lasciare fraintendimenti mi fa intuire che mancano anche a lei i momenti in cui preparavo la bici, i vestiti e le parlavo dell’avventura del giorno seguente. La bicicletta è anche questo, ricordi e nuovi stimoli. A fine Gennaio decido di provare nuovamente, come se quel bellissimo “ciclo” non fosse mai finito. Come se quei giorni trascorsi dal 2009 ad oggi fossero ancora il “presente“.

Ho poco tempo per allenarmi seriamente come facevo gli anni scorsi, ma ugualmente pedalo un po sui rulli e un po sulla mia mtb che in questi anni mi sta facendo sudare piu del solito. Una randonnee è qualcosa di diverso di qualche ora in sella e molti dubbi mi assalgono: “sicuro d’andare?” “e se rimani in mezzo…?” “…come sarà…senza il Guerz?“. Inutile pensare, inutile cercare di pensare al futuro…in questi casi ci si prova e poi come andrà, andrà!

Sento Sonia qualche giorno prima della partenza, parteciperà anche lei con Cinzia assieme a tanti amici del “nord“. Sbirciando sul sito Audax leggo diversi nomi che mi ricordano grandi sorrisi e grandi abbracci. Tutto questo è uno stimolo in piu per andarli a trovare!

Ore 4:00 del 26 Febbraio, la sveglia suona e senza indugiare piu di tanto apro gli scuri della sala. E’ buio pesto, l’aria fredda e la poca voglia di soffrire torna a farmi compagnia. Non posso cedere, anche se non c’è nessuno che mi aspetta devo reagire e infilarmi subito la divisa della Spilambertese. Dopo qualche minuto, sono in cucina a mangiare la pasta col tonno preparata la sera prima, che sebbene sia la mia preferita fatica ad andare giù. Mangio sforzatamente qualche boccone poi rinuncio. Preparo un contenitore con ciò che rimane e lo infilo nella borsa che mi porterò dietro. Cerco di fare piano per non svegliare Giada e in pochi minuti sono giù in garage a controllare tutto: bici OK, borsa OK, viveri OK e allora che fare? Partire!

La strada è dritta, davanti un muro buio e qualche stella che fa capolino fra le luci delle poche macchine che incontro in autostrada. La radio mi tiene compagnia, mentre cerco di ricordare qualche momento nel passato. Non ho sonno, anzi sono bello sveglio e con le prime luci dell’alba osservo le cime delle montagne illuminate dai primi raggi del sole.

Chiuduno, circa 200 km da casa mia, lo raggiungo poco prima delle 7:00. Gli organizzatori sono già a sistemare i documenti e a ricevere i ciclisti più mattinieri: due tavoli uno di fronte all’altro con i Nuovi Iscritti e gli Iscritti ON Line. In pochi secondi ritiro il cartellino giallo, che ancora una volta mi lascia scappare un sorriso verso l’oceano Atlantico! Ho tutto il tempo per preparare la bici e mangiare la pasta che avevo portato con me. Lo stomaco inizia a lavorare e la finisco in pochi minuti. Bevo qualche sorso di Coca Cola e “sparecchio” l’angolo di marciapiede in cui mi ero seduto. Ora devo decidere come vestirmi: rischiare di soffrire il freddo alla partenza o vestirmi pesante e rischiare il caldo delle ore centrali della giornata? Preferisco la prima e parto con la maglietta maniche lunghe ma leggera. La scelta l’ho centrata….in tutta la giornata non ho tolto un vestito e non ho patito nè freddo nè caldo! Questo si chiama colpo di….fortuna! Manca poco meno di mezz’ora alla partenza e ormai il piazzale è pieno di macchine e di ciclisti. La compagnia dei Mazzucchelli, poi Leone, Sonia e Cinzia, Lorenzo Aniceto Carmine e Roberto e tanti altri che in questi anni ho conosciuto in questo strepitoso mondo. Giro lo sguardo verso un ragazzotto dalla barba bianca, lo guardo attentamente e subito sorridiamo: è Pietro! Che tipo Pietro, conosciuto diversi anni fa in sella alla sua bici con la quale ha percorso mezzo mondo! Un abbraccio forte e qualche parola per riassumere in pochi istanti questi anni in cui non ci siamo visti. Lui deve andare a ritirare il cartellino e ci salutiamo. Chiudo la macchina, prendo la bici e mi dirigo verso la partenza. Siamo a casa del “TEAM TESTA“, ma quel copricapo e quello sguardo ce l’ha solo lui. “Eh no, Eh no” gli dico fermando la bicicletta e tornando indietro! Eh si, è lui Maurizio! Ancora una volta un altro abbraccio di quelli che ti fanno sentire l’affetto di un amico conosciuto sulle due ruote!

Pietro e Maurizio, non so se si erano messi d’accordo…ma mi “tirano le orecchie” o come si fa in una partita di calcio “estraggono il cartellino giallo“, in quanto scrivo poco. Che dire? Avete ragione…sto invecchiando anche nello scrivere! Non scrivo perchè “devo“, ma quando scrivo è perchè sento la voglia di “raccontare” qualcosa che mi ha colpito. A Chiudono “mi avete colpito” e mi ha fatto piacere la vostra “tirata d’orecchie” 😉

 Cerco la partenza e poi eccomi qua in mezzo a tutti. Saremo piu di 200, tutti vicini in attesa del primo “timbro” sulla carta gialla. In questi minuti di attesa non ho altro pensiero che “chissà con chi pedalerò“! Se la farò da solo mi divertirò come ho sempre fatto? Il bello di una randonnee penso sia proprio questo: difficilmente sei solo, difficilmente non si trova una ruota da seguire o con cui scambiare due parole! Sebbene scherzo con tutti, in questi casi sono un po impacciato e cerco di non chiedere nulla a nessuno, per non sembrare invadente. Alla partenza vedo il gruppetto di Lorenzo, Aniceto, Carmine e Roberto e lentamente cerco di avvicinarli e scambiare due parole. Lorenzo per me rimarrà sempre una persona squisita, una persona di cuore e con la quale si scherza volentieri. Rimarrà mitica la mia prima randonnee a Castelfranco, dove lui assieme a Mirco, Guerz e Stefano mi fecero recapitare a casa l’ “annullamneto” della mia 200km. Senza chiedere nulla, aspetto la loro partenza e mi infilo dietro di loro. Il loro passo non è nè piano, nè forte, ma sopratutto mi sembra che il mio inserimento non disturbi piu di tanto. Parlo un po con tutti e quattro, prima con uno, poi con l’altro in modo da “farmi vole bene“.

La prima parte del percorso gira in senso orario lungo tutto il lago d’ Iseo: uno spettacolo di posto. Le prime luci della mattina illuminano le vette leggermente innevate mentre l’acqua trasparente rispecchia il cielo azzurro. La strada scavata nella roccia, si snoda tortuosamente lungo la riva sinistra del lago, devo restare concentrato e prestare attenzione perchè siamo in un bel gruppone e la strada è stretta. Spesso incrociamo altri ciclisti o macchine che fortunatamente viaggiano moderatamente. Rischiamo solo in una curva, perchè nell’incrociare un’auto nella corsia opposta, devo schivare un pedone che corre alla mia destra. A volte ci vuole anche un po di fortuna. Il gruppo è ancora folto, in mezzo ai “randonneur purosangue” ci sono anche molti “granfondisti” che spesso sfruttano le 200 km per allenarsi. Si vedono proprio le differenze fra le due tipologie di ciclisti: il primo attrezzato con fanali davanti e dietro, il borsello con panini, barrette e gel, qualcuno ha il portapacchi posteriore e l’andatura non superiore ai 30 k/h, mentre il secondo ha spesso biciclette molto performanti, spoglie di ogni “strumento” di illuminazione per non parlare del borsello anteriore o posteriore e la velocità è molto superiore ai 30 km/h. Giusto per capire…di quale tipologia faccio parte….io per scaramanzia o per affetto, porto ancora la “trombetta” sul manubrio!

Siamo in ballo e bisogna ballare, pedalata dopoCu Cu.... pedalata arriviamo al primo dopo circa 50 km. E’ sulla ciclabile del lato destro del Lago d’ Iseo: un timbro veloce e via di nuovo in sella. Partiamo subito, anche perchè oltre al timbro e una stupenda veduta sul lago non c’è nulla nè da bere e nè da mangiare. Ripongo tutte le mie speranza al prossimo controllo….fra 50 km. Per fortuna ho con me sia da mangiare, sia da bere…anche se un po d’acqua avrebbe fatto comodo. Pedaliamo lungo una ciclabile favolosa, molto ben curata e con una spettacolo naturale che farebbe incantare chiunque. Il sole illumina la sponda alla nostra destra, mentre l’ombra della montagna alla nostra sinistra ci fa respirare un’aria pungente e tratti quasi fastidiosa. Curva dopo curva ecco il sole fare capolino e a ridarci le giuste energie per pedalare “col sole in fronte“. Mi torna in mente una canzone di Claudio Villa che recitava proprio cosi….come se fosse stata scritta per noi:

…Voglio vivere così
col sole in fronte
e felice canto
beatamente…

Voglio vivere e goder
l’aria del monte
perché questo incanto
non costa niente…

 Canto qualche strofa mentre sento Lorenzo canticchiarla ogni qualvolta il sole gli illumina il viso! Spettacolo!

I primi 100 km si chiudono a Chiuduno :-)…(gioco di parole facilotto), dove vedo un gruppo di ciclisti accalcarsi al banco del ristoro. Fretta io? No! Trovo un posto per la bicicletta, vado a timbrare e con molta pazienza mi metto in fila per mangiare qualcosa: rimango stupito. Qualche biscotto, arance tagliate a metà e un po di frutta secca. In un angolo del tavolo c’è una bella forma di Grana Padano……Ops….va bene, dai anche se non è Parmiggiano Reggiano….va bene comunqe 🙂 . Dopo 100 km…questo è il ristoro? Va bè….forse i vecchi tempi del Camper sull’appennino sono e saranno solo piacevoli ricordi. Dai….speriamo nel prossimo ristoro. Mangio un panino col tonno e un pezzo di cioccolato che mi ero portato da casa.

Rimango stupito del fatto che i primi 100 km non si siano chiusi alla partenza, ma da un’altra parte sempre nello stesso paese della partenza….per un ciclista forse poter ripassare dalla macchina poteva essere comodo, anche solo per lasciare o prendere qualcosa. Pazienza….

Ripartiamo e in fila indiana ci dirigiamo verso il “Giro del Filù“. Filù….ma che sarà questo Filù. Bho? Mi prometto di chiederlo all’arrivo….la cosa mi incuriosisce. Dopo una ventina di km Bulgarelli indica un bar alla nostra sinistra. Fermi tutti, retro front e primo caffè della giornata. Per sicurezza lo prendo doppio e pago il conto. Ripartiamo su falsi piani che a volte salgono ad altre volte scendo, lasciando bellissimi scorci d’acqua trasparente. Sono incantato nel vedere quanta gente pesca lungo questo splendido fiume. Qualcuno lo intravedo pescare con la mosca, altri immagino siano col galleggiante. Vestiti di tutto punto con stivali alti, giacca color verde e pressochè immobili con l’acqua a metà gamba. Senza distrarmi troppo guardo avanti e cerco di seguire il roadbook, perchè il navigatore di Lorenzo ci ha lasciato a piedi. Nulla in tutto si pedala, si chiede e riprende di nuovo a pedalare. L’unica vera salita che dobbiamo affrontare è lunga un paio di km che ci porta a Clusone, dove lentamente si scende per poi tornare  sul Lago d’ Iseo. Lago d' IseoAnche nel controllo di Clusone, nulla da mangiare e da bere…quindi ripongo le speranze al Controllo di Zu avanti una ventina di km circa. La discesa è lunga, a tratti veloce al punto che mi trovo a stare davanti ad alcune auto. Mi piace la velocità, sentire l’aria che ti fischia nelle orecchie e quell’emozione di disegnare traettorie sinuose lungo le strade prive di traffico. Ecco il Lago ed ecco di nuovo il traffico. A quest’ ora della giornata il traffico si fa sentire e spesso veniamo superati da auto guidate da “piloti di F1“…o meglio pensano d’essere piloti in un circuito dove girano solo loro. Invece no! Ci sono ciclisti (noi siamo in 5 in fila indiana), persone a piedi, centri abitati, motociclette e tanto altro….Purtroppo qualche “imbecille” non manca! Molte moto viaggiano a velocità ragionevoli, qualcuno esagera ed uno “vola” per terra. Fortunatamente non si sono fatti nulla…la carena rovinata, qualche pelata e forse qualche livido. Gli è andata bene!

Arriviamo all’ultimo controllo prima dell’arrivo, ci sono già molti ciclisti, fra cui Pietro e Maurizio! Due parole, due sorrisi e qualche battuta sulla mia velocità! Pietro dice che una volta andavo piu veloce…ma secondo me si sbaglia! Arrivavo….(quando arrivavo)…sempre a pochi minuti dalla chiusura 🙂 . Secondo me invece lui ha messo su una bella gamba e adesso pedala molto bene…tanto che mi parla del suo prossimo grande progetto: la LEL. Londra Edimburgo Londra di 1400 km. Che dire: Vai Pietro…vola e non ti fermare mai ! Tanta stima!
Qualcosa da mangiare c’è….ma siamo sempre al di sotto della sufficienza. Mi spiace sottolinearlo, ma non capita spesso di avere dei ristori cosi. Pazienza….speriamo nel pasta party.

Ormai siamo a campo vinto, mancano poco meno di 40 km, lungo il lago d’ Iseo. Il sole a tratti è nascosto dalle montagne alla nostra destra, mentre noi ci dirigiamo verso sud, percorrendo in senso opposto la prima parte del circuito della mattinata. Ora la strada scavata nella roccia è molto piu pedalabile (a parte qualche auto…maleducata), siamo in 5 in fila indiana e possiamo permetterci di perdere lo sguardo fra una roccia e l’altra, lungo lo specchio d’acqua alla nostra sinistra. Una leggerissima foschia, appanna l’orizzonte che ugualmente mi fa sognare l’arrivo della primavera!

Ore 16:10, finisco la mia prima 200 km a Chiuduno (BG).

Faccio la doccia o mangio un bel piatto di pasta? Mi metto in fila per la pasta, osservo i primi piatti che escono e guardo Carmine. Due sorrisi e decido d’andare a fare la doccia. Forse ho preso una decisione troppo affrettata….ma i primi piatti che ho visto uscire, mi hanno fatto passare l’appetito e aumentato la voglia di una doccia calda.

Chiedo 2 informazioni ad un organizzatore: 1) Dove sono le docce e 2) Cosa è il Filù
Simpaticamente mi indica la direzione delle docce e poi mi spiega il significato della parolà Filù. Filù è una parola del loro dialetto che indica la spina dorsale. Guardandola di profilo risulta tutto un saliscendi, proprio come la seconda parte della randonnee. Qualcuno direbbe: mistero svelato 🙂

Il centro sportivo che ci ha accolto è STREPITOSO. Non so come hanno fatto, ma hanno di tutto. Sono rimasto colpito dalla struttura imponente, grande e ben tenuta. Voto 10 + ! La doccia era strepitosa, acqua calda, getto forte e spazio da vendere!

Qui si chiude il primo capitolo…sperando di scriverne presto un altro.

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22 Luglio 2016 – 300 km verso il mare

SAN VITO – Non è una randonnee, non è un viaggio, ma solo la voglia di pedalare di notte pensando a tutto ciò che può passare nella mia mente.

A breve le emozioni di quella notte

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Graziano Ameli racconta: Dal Marocco all’ oceano Atlantico

 

locandina_graziano-ameli_marocco-atlantico

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14 Luglio 2016 – RAAM racconta Paride Miglio

GIOVEDI 14 LUGLIO 2016
presso PARCO del GUERRO a San Vito di Spilamberto
 
PARIDE MIGLIO
racconta
COAST TO COAST
RAAM: Race Across America
Non è una corsa…è LA CORSA
 
5000 Km, dislivello D+ 56000 metri, 
tutti da percorrere in meno di 288 ore.
Non prendete impegni, Vi aspettiamo
 
Per qualsiasi informazione
Giuliano: 339 531 7694
Daniele: 335 702 1975
RAAM racconta Paride Miglio
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21 Maggio 2016 – “La via Francigena”


ViaFrancigena: Il percorsoSAN VITO
– Sono passati diversi anni, da quando sono salito in sella ad una bicicletta e se mi guardo indietro, posso solo parlare di una bella esperienza incontrata 7 anni fa. Inizia per gioco e tutto si è poi trasformato in passione per le lunghe distanze, lasciando spazio al mio primo viaggio sulle strade d’ Italia, ripercorrendo nel modo più fedele possibile la via Francigena.

E’ il 2015 quando un mio caro amico mi fa capire che sarebbe contento di percorrere la via dei pellegrini assieme a me. Passano i giorni e lui sempre più entusiasta si preoccupa delle carte di viaggio, di informarmi sul tipo di percorso, dell’accoglienza pellegrina e tutto ciò che gravita attorno a questo mondo. Mi lascio avvolgere da questa avventura e un po la faccio mia, anche se il merito rimarrà tutto suo. Claudio, un amico conosciuto qualche anno prima, al quale ho voluto bene e col quale però non sono riuscito e non riuscirò mai più a fare il viaggio che tanto avevamo sognato, una fatalità ce l’ha portato via. Ciao caro amico.

Preda Ringadora 2016E’ passato un anno da quel maledetto Maggio del 2015, un anno nel quale ho avuto modo di pensare, di tornare a sognare e di fantasticare nuovamente sulla Via Francigena. Il 6 Gennaio, sulla Preda Ringadora, non mi pronuncio in avventure stravaganti in Graziella ma sogno Roma. Perchè non andare a Roma lungo la Via Francigena portando nel cuore anche Claudio? Detto fatto…è ora di pensare a come organizzare il mio primo viaggio in bicicletta. Passano i mesi e scherzando con un nuovo amico dalle ruote “grasse“, gli “butto” lì l’idea. Enrico Montepoli, detto “Il Conte“, ci pensa su qualche giorno e poi titubante per mille motivi, accetta e si butta a capofitto in questa nuova esperienza. Il Conte è da pochi mesi che si diletta sulle due ruote, preferendo lo sterrato all’asfalto. Le sue preoccupazioni sono dettate dalla poca esperienza in un giro cosi lungo, che lo terrà impegnato sulla sella buona parte della giornata. Nei mesi successivi, ci confrontiamo diverse volte, La bici del Conteper non dire quasi tutti i giorni, relativamente alla bicicletta, al materiale da portarsi dietro, all’abbigliamento, al cibo e tutto ciò che è necessario per non trovarsi in difficoltà. Compriamo un po d’attrezzatura relativa alla bicicletta, un sacco a pelo abbastanza compatto e cerchiamo di fare l’ inventario di ciò che abbiamo già. Nelle sere precedenti al viaggio, ci troviamo per verificare il percorso, quali tappe fare, dove dormire, ma sopratutto ci troviamo perchè il viaggio è già iniziato e stiamo già vivendo una grande avventura.

E’ il 20 Maggio, sono in garage per finire di sistemare la mia bicicletta. La mia Bianchi è al debutto al suo primo viaggio sulle strade asfaltate che fino a quel momento l’avevano solamente vista in qualche sporadico allenamento. Sul manubrio ho fissato un borsello contenente il cibo e i documenti. La “trombetta“, ormai oggetto indispensabile per i miei viaggi, un “simbolo” lasciato in eredità dall’amico Guerz emigrato in America ormai da 1 anno. Due borracce fissate al telaio, un portapacchi posteriore con appese le due sacche piene di roba: attrezzi per riparare eventualmente la bici, vestiti e sacco a pelo. Il telefono squilla continuamente, messaggi e telefonate interrompono la preparazione del mezzo meccanico. Un po sorrido, un po mi innervosisco, ma del resto è normale così. Le ore del pomeriggio passano velocemente, talmente veloce che ho poco tempo per ricontrollare tutto. Mi affido alla mia poca esperienza derivante dalle randonnee, dove ho imparato portarmi dietro il minimo indispensabile…anche se tutte le volte mi accorgo che potrei ottimizzare.

Tappa01: Modena Piacenza Fidenza21 Maggio – La sveglia suona alle 6:00, è l’alba della partenza. Mi sveglio e come consuetudine, metto a bollire l’acqua per poi cuocere la pasta che condirò col tonno.  Dopo anni e anni di colazioni a base di pasta e tonno, mi chiedo se è proprio necessario o se è diventato un “rito“, dal quale non voglio separarmi. Mangio con calma, mi vesto, mi lavo i denti e riempo le tasche dietro la schiena. Scendo in garage dove trovo lei, la bicicletta pronta al suo primo viaggio verso Roma. Le prime pedalate sono sempre quelle piu strane, quelle che mi fanno lasciare la casa alle spalle, quelle che aprono il viaggio verso il domani, il giorno piu bello. Vado a salutare mia mamma e mio fratello, che alle 7:00 sono già operativi in negozio. Quando mia mamma mi saluta, leggo nei suoi occhi un insieme di emozioni che non riesco a interpretare, come se fosse un “torna presto“, più che un “buon viaggio“. Saluto tutti e mi dirigo verso il bar Rinascita di San Vito, dove aspetto il Conte che tarda pochi minuti ad arrivare. Non siamo soli, arrivano anche tanti amici a salutarci, a darci quella “pacca sulla spalla” che ha un valore immenso per chi come noi sta per iniziare un viaggio di 800 km. Arrivano Giannino, Giada, Mary e suo babbo, i genitori del Conte, mio babbo, Fabrizio, Guido, Roberta, Gianni (Janez), il Gara, Levvo, Patty, Paolo….Sono li assieme a noi, si sono alzati apposta per salutarci, per scattare qualche foto, ma sopratutto per farci sentire il loro calore. Grazie. Giannino, il capitano indiscusso di San Vito, con la sua bandierina ci da il via e a noi non resta che pedalare.

Conte Giannino Giuliano

Le nostre ruote iniziano a girare, noi stentiamo a crederci ma la direzione è verso ovest, verso Piacenza! Non passano molti km, quando incrociamo la ciclabile che ci porta a Modena. Sono davanti, il Conte è leggermente dietro che filma col cellulare, mentre un gatto nero ci attraversa la strada….ma non siamo superstiziosi e “come se non ci fosse un domani” pedaliamo verso il centro di Modena. Prima dell’ingresso cittadino, incrociamo 2 ciclisti che ci fermano e ci chiedono La Torrefazione - ModenaDove andate? Cosa fate?“….e secondo voi noi ci lasciamo perdere l’occasione di raccontare qualcosa? Scopriamo poi che anche loro sono viaggiatori e percorreranno la Via Francigena fra qualche settimana. Modena alla mattina è senza traffico, si gira senza pensieri e col sole che ci batte sulla schiena. Vediamo le nostre ombre là davanti,
ad indicarci la direzione. Ci fermiamo al Bar “La Torrefazione“, dove i proprietari, amici del Conte, ci servono due bollicine e un tagliere di affettati misti. Sono solo le 9:30 di sabato mattina e non si comincia male… I profumi e i sapori provenienti dal tagliere, sono strepitosi e le bollicine completano una “anomala colazione“. Ripartiamo verso il centro a salutare la Ghirlandina, dove troviamo un Roberto Pregnolato - Il Pregnopersonaggio storico di Modena: il Pregno, Roberto Pregnolato, che in varie occasioni mi ha sistemato la spalla destra e un ginocchio sinistro. Foto di rito, saluti e tante risate che ci lasciamo alle spalle dopo pochi minuti. La via Emilia è sempre li che ci aspetta, ci indica la direzione e ci mostra la sua bellezza quando attraversa le città e i paesotti meno affollati. Il traffico è trascurabile, le poche auto che ci sorpassano ci rispettano e a volte tentano un timido saluto ricambiato immediatamente con un colpo di trombetta. Modena è alle spalle, mentre Reggio Emilia all’orizzonte sembra chiamarci a voce alta. La pedalata è fluida, il peso delle borse è quasi impercettibile mentre la velocità è sostenuta quasi sempre attorno ai 30 km/h. Entriamo a Reggio Emilia già a metà mattinata, salutando chiunque sgrani gli occhi sui due inusuali ciclisti. L’attraversiamo senza perderci in chiacchere, dirigendoci verso Parma. A volte sono davanti cercando di mantenere un passo sostenuto ma non troppo, altre volte è il Conte che detta la velocità di crociera facendo molta attenzione alla strada, che spesso presenta qualche buca. IMG-20160521-WA0077A Parma abbiamo due sorprese: la mia foratura della ruota posteriore e uno “spaventoso” incontro inaspettato. Ho una sensazione strana, nelle poche curve che percorriamo, sento il posteriore della bicicletta muoversi in modo anomalo. Penso subito al peso delle borse, al fatto che potrebbero muoversi e di conseguenza portarmi a compiere traiettorie indesiderate.  La situazione si ripete nell’arco di poche centinaia di metri, mi fermo e controllo. Premo col pollice sul copertone posteriore e mi accorgo che la pressione è scesa molto….e via che si inizia a cambiare la camera d’aria. Fra qualche risata e qualche foto, perdiamo circa 20 minuti….ma torniamo a pedalare poco dopo. Siamo in fila indiana, io davanti e il Conte dietro. La via Emilia in molti tratti è costeggiata da arbusti, alberi ed erba alta. Pedalo col sorriso, sono tranquillo, sereno e vedo davanti a me una giornata strepitosamente soleggiata. All’improvviso sento un frastuono vicino alla mia gamba destra, una nuvola di polvere si alza dal basso mentre istintivamente mi viene da allargare leggermente la traiettoria verso sinistra. Il Conte è a ruota e fortunatamente non riusciamo a stare in equilibrio evitando cosi il peggio. In mezzo al polverone e all’erba alta, intravediamo un galletto che spaventato dal nostro passaggio si era agitato buttandosi sulla nostra traiettoria rientrando immediatamente. Un gran spavento, una leggera sbandata, ma tutto si è risolto in un attimo di paura. Continuiamo a pedalare, fissando il ciglio della strada, siamo più attenti, anche se col passare dei chilometri, ci dimentichiamo velocemente dell’ accaduto. La Taverna del PellegrinoPassata Parma, ci avviciniamo a Fidenza dove decidiamo di fermarci per mangiare un boccone. La periferia è poco piacevole, anche se avvicinandoci al centro scopriamo una ridente cittadina. Dove fermarci? Ci guardiamo intorno e dopo aver saltato qualche locanda senza un’apparente motivo, ci fermiamo alla “Locanda del Pellegrino“. Sarà un caso? Non lo so…..ma di certo una bella coincidenza. Notiamo gli stemmi della Via Francigena e nel parlare con la simpatica cameriera veniamo a conoscenza della storia di questo locale, nato proprio sulla “scia” della Via Francigena. Dopo l’ottimo pasto, scattiamo qualche foto e chiediamo informazioni su dove poter dormire la notte. Sono passate le 14:00 e l’obbiettivo giornaliero è andare a Piacenza, dove il buon Claudio avrebbe voluto timbrare la sua carta di viaggio. L’oste ci consiglia un albergo a pochi metri dal centro, dove poter passare la notte, senza spendere un’esagerazione. L’ultima indicazione che gli chiediamo è che strada fare per andare a Piacenza….quale lui consiglierebbe. Sembra molto preparato in materia, ma quando ci indica la sua idea, inizio a dire che gran “si…si…si“, disinteressandomi completamente di ciò che mi stava dicendo. In bicicletta non ho tanta esperienza, ma riesco a capire in pochi istanti, quando l’interlocutore parla senza sapere cosa vuol dire pedalare per decine o centinaia di km. Probabilmente pensava che sotto al sedere avessimo delle motociclette e non delle biciclette. Ci fidiamo per quanto riguarda l’albergo, ma non di certo per quanto riguarda la strada. In tutti i casi avremmo fatto bene a non fidarci di nulla! La via Emilia è li all’orizzonte, piatta, calda e dritta come uno spaghetto. Ci alterniamo a vicenda, in modo da risparmiare un po di energie, passando dalla Via Emilia a una strada apparentemente vietata alle biciclette. Ormai ci siamo sopra e non riusciamo ad uscirne, visto che sembra una tangenziale. Usciamo alla prima uscita, finendo in un paesino di poche anime….e fortunatamente ne incontriamo una. E’ una ragazza, che esce da un cancello, la fermiamo e le chiediamo informazioni. Gentilmente ci indica la Via Emilia, ci saluta un po frettolosamente e se ne va per la sua strada. Ringraziamo e torniamo a pedalare verso Ovest. Arrivati alle porte di Piacenza, cerchiamo l’ostello per fare il timbro, ma come due “pesci fuor d’acqua” non troviamo nulla. C’è una parrucchiera poco avanti e noi…”…scusi, ma per fare il timbro….bla…bla…bla….“. Lei ci indica dove andare….anzi a quanto sembra è molto informata sull’ostello… “quindi siamo in una botte di ferro“! Ripartiamo per raggiungere il centro dove ci aspetta il parroco, un ragazzo di 45/50 anni con fare giovanile ci da il benvenuto nella sua parrocchia. Stanno allestendo per la festa di paese, che si terrà proprio la sera stessa della nostra visita. PiacenzaIl Conte, vorrebbe rimanere per mangiare la sera…o forse solo per riposarsi, visto che avevamo già percorso quasi 140 km. Subito non dico nulla, penso alla strada e alle tappe che ci eravamo prefissati, faccio due conti sulla tappa del giorno dopo e cerco di convincere il Conte per fare rientro a Fidenza, dove avremmo pernottato. Tentenna, ma poi alla fine si fa convincere, riprendiamo le nostre biciclette e ripartiamo per tornare verso est. La pedalata è un po lenta, La scala dell'albergole gambe diventano pesanti e il sole continua a scaldare la nostra pelle che dal bianco pallido è diventata rosso vivo. Stringiamo i denti fino a Fidenza, dove torniamo in centro a cercare l’albero consigliato dal nostro “amico“. Arriviamo verso le 18:30, dove troviamo due personaggi “strani” ad aspettarci…come se non avessero nulla da fare. Ci fanno posteggiare le biciclette nel “magazzino” dove tengono gli alimenti della cucina, facendoci poi passare per la cucina stessa. Sgraniamo gli occhi e cerchiamo di osservare lo stato della cucina: stretta, in disordine, sporca e con i vari strumenti del mestiere lasciati al caso. Diciamo che non ci ha lasciato una bella impressione. L'albergoAttraversiamo la hall e ci dirigiamo verso il terzo piano, dove le impressioni della cucina vengono riflesse in modo identico sulla cura dello stabile. Ciò che vediamo salendo le scale è imbarazzante: scale sporche, soffitto coperto da un telo per non fare vedere chissà cosa, escrementi di qualche animaletto e un odore che sfiora la “puzza“! Arriviamo davanti alla porta, inseriamo la chiave sperando di doverci ricredere….e invece entriamo in una stanza poco ma poco accogliente. Il bagno è il pezzo forte o meglio è forte la puzza che si sente, come se ci fosse appena stato uno a lavarsi o a fare i propri bisogni. Siamo talmente stanchi, che non abbiamo le forze per andarcene, ci accontentiamo di quel posto a dire poco “malsano“. Usciamo per cena dirigendoci verso il centro, dove troviamo un ristorante gestito da uno stravagante ragazzotto romano, il quale ci serve piatti a dire poco deliziosi. Ceniamo in tutta tranquillità per poi ritornare nel “tugurio” per cercare di passare la notte nel “piu veloce modo possibile“. E’ l’alba, la sveglia suona e gli occhi iniziano ad osservare nuovamente quella stanza, che nulla avrebbe avuto a che fare con una stanza di un hotel. Ci cambiamo in fretta, rifacciamo le borse e ci dirigiamo nuovamente nel magazzino a fianco della cucina. Ve lo voglio scrivere, perchè una cosa del genere non penso mi sia mai capitata. Io sono un ragazzo di “bocca buona“, mangio di tutto e dormo ovunque senza troppe “storie“, ma stavolta ho superato il limite. Attraverso la cucina assieme al Conte, non diciamo neanche una parola, ma abbiamo gli occhi ben aperti e attenti a tutto: la cucina è più sporca di quando siamo arrivati la sera prima, tutti i tegami e piatti sono sporchi e appoggiati a caso ovunque. Per terra il pavimento è unto e sporco, mentre l’aria è irrespirabile: ho quasi i sensi del vomito. Entriamo nel magazzino dove ci sono le biciclette e incredibilmente scopro da dove deriva quella puzza nauseante: ci sono circa 7 o 8 sacchi del pattume della sera lasciati a fianco degli alimenti. Giuro, cerco di sistemare la bici nel piu breve tempo possibile per potermene andare fuori. Ho male allo stomaco, ho la nausea e non penso di resistere piu di 5 minuti. Usciamo in fretta, non facciamo nemmeno colazione e ce ne andiamo. Ecco…diciamo che i consigli del nostro “amico” della Taverna del Pellegrino…non sono stati proprio il top…anzi sono stati decisamente un flop!

Tappa02: Fidenza - Pontremoli22 Maggio – E’ domenica e la direzione delle nostre biciclette è verso Sud, verso quella montagna che tanto ci spaventa, non per l’altitudine, ma perchè le nostre biciclette sono pesanti e la salita sarà molto lunga. Pedaliamo lungo una ciclabile che si trasforma in strada chiusa. Molti camminatori si godono il sole che lentamente scalda l’aria che ci circonda, qualcuno ci saluta, altri sorridono mentre incrociamo i loro sguardi. Senza controllare la mappa, ci dirigiamo verso le prime colline, ma solo dopo aver parlato con una signora di mezza età, ci accorgiamo d’aver sbagliato strada. Torniamo indietro e seguendo le indicazioni della Via Francigena ci inoltriamo in una strepitosa stradina alberata che sfocia a sua volta in una carreggiata completamente ghiaiata. Campagne di FidenzaSaliamo, pedaliamo fino a che la strada diventa una carreggiata per trattori. Poco piu avanti alcune a case sembrano “vestire abiti da festa“, mentre qualche ragazza attraversa il nostro cammino. Ci fermiamo a chiedere indicazioni e in meno di 2 secondi, notiamo un certo stupore negli occhi di chi ci osserva: “Ma siete voi?…mi ricortdo il nome Giuliano scritto sulla bici e le vostre divise….“. Era quella ragazza che fuori Fidenza ci aveva dato le indicazioni per Posiziono la biciclettaraggiungere Piacenza. Incredibile, ritrovarla il giorno dopo, lungo una carreggiata, in mezzo a una collina a decine e decine di km da dove l’avevamo incontrata la prima volta. Ridiamo e scherziamo per qualche minuto, per poi farci nuovamente insegnare la strada….che inspiegabilmente avevamo nuovamente perso. Via di nuovo verso nord per poi tornare a pedalare verso sud dopo qualche km. Siamo su una strada statale, praticamente priva di traffico, quando un ciclista “tirato a spigolo vivo” ci supera. Ci provo, mi metto a ruota, mentre il Conte si stacca subito. Non lo mollo, pedalo oltre i miei limiti, fino a quando il ciclista sconosciuto mi indica il suo cambio di La strada ghiaiatadirezione, lo saluto e lo ringrazio per avermi fatto “ciucciare la sua ruota”. Ne approfitto, mi fermo e aspetto il Conte, al quale scatto qualche foto. La strada è abbastanza monotona, per distrarre le nostre menti chiaccheriamo e ci raccontiamo qualche aneddoto degli anni passati. Alcuni ricordi vanno alle partite di calcio, altri alle scorribande in riviera e per finire a Giada e Mery.  Il sole è quasi a picco sulle nostre teste e decidiamo di fermarci al primo bar che incontriamo. La salita vera deve ancora cominciare mentre decidiamo di fermarci a Ramiola, dove un bar serve qualche aperitivo ai propri clienti. Ci fermiamo un attimo a bere e mangiare, per poi affrontare il Passo della Cisa. Una CocaCola, un caffè e un mezzo panino per ricaricare le pile. Il barista ci chiede dove stiamo andando e noi subito sorridiamo per ripetere orgogliosi il nostro giro. Un signore alla mia sinistra e il barista sgranano gli occhi e con voce ferma e decisa: “…tornate indietro…non  ce la farete mai…è troppo dura!“. Vedo che il Conte ci rimane mIl Ponte e la vecchiettaale, non tanto per la difficoltà del percorso, ma per la poca fiducia di quella affermazione. “Fatta corta e fatta lunga“, gli appoggio il nostro bigliettino da visita sul banco e gli dico: “…Passato il Passo della Cisa….arriveremo a Roma Giovedì sera! Qui potrà leggere il nostro viaggio….“. Sorridiamo, paghiamo e salutiamo, ora ci resta solo da pedalare. Il sole è bello alto, è li che ci aspetta, scalda le nostre gambe e le nostre braccia, come se fossero salsicce sulla griglia, ma noi incuranti della fatica, pensiamo solo ad affrontare questi km che ci separano dalla vetta.La vecchietta e il Conte Passiamo un ponte, in fondo al quale una signora anziana si ferma a salutarci: con tanta tenerezza ci sussurra: “…Salutatemi Francesco…“. Una foto e via verso la Cisa. La strada si impenna, le gambe girano lente, le marce sono finite e la velocità è sempre piu bassa. Davanti a noi un cimitero, dove troviamo un po di refrigerio nella fontanina che è posta davanti all’ingresso. Mi bagno tutto, dalla testa ai piedi, ci beviamo due borraccine di sali e poi nuovamente in sella. Parliamo poco, siamo concentrati sulla strada, non alzo lo sguardo se non per vedere dove la ruota sta andando. Il Conte ha “piu gamba” e spesso lo vedo sparire all’orizzonte per poi aspettarmi all’ombra di qualche pianta. La salita non da un attimo di respiro, anzi è sempre li dritta davanti a noi, sembra interminabile. Qualche ciclista ci saluta Enzo Ferrari: La sua prima corsamentre sfreccia verso il basso, altri non ci degnano nemmeno di uno sguardo, come se fossero al Giro d’ Italia o al Tour De France. Incontriamo un monumento in ricordo della prima corsa di Enzo Ferrari, dove un motociclista stravagante si ferma per farci e farsi una foto. Circa a metà salita ecco un bar circondato da motociclisti e qualche turista sulle quattro ruote, ci fermiamo e mangiamo un boccone. Nei tavoli posti all’esterno, ci sono alcune persone che ci osservano e molto timidamente un signore prova, con Al bar dei motociclistiapprossimato inglese, a chiedermi da dove vengo. Sgrano gli occhi e gli rispondo con la “S” del buon modenese. Sorrido: “…siamo di Modena…“. Questa situazione, mi fa proprio pensare a quanto sia poco diffuso il “viaggio in bicicletta” in italia….e che i viaggiatori siano etichettati come “stranieri“. Cominciamo a parlare, a scherzare, a ridere, a prenderci in giro fino a chè non viene l’ora di ripartire e di affrontare gli ultimi 15 km circa di salita. E’ la parte meno dura della salita, anche se ugualmente si fa sentire. Pochi km prima dell Passo della Cisa, arriviamo all’ostello dove ci accolgono alcuni personaggi strepitosamente simpatici ed amichevoli. Ostello Passo della CisaParlando del più e del meno, ci suggeriscono di fermarci a Pontremoli per la notte, nell’ex convento dei Frati Cappuccini. Ho subito un flash e mi torna in mente quando Padre Luciano Pallini, da Pontremoli veniva a trovare mio zio e mia nonna….avevo poco meno di 10 anni, un salto nel mio lontano passato. Beviamo un bicchiere di vino dolce (che non mi disseta, anzi….) per poi salutare dopo la foto di rito. 2000 metri….. 1500 metri…. 1000 metri….. 500 metri, ed ecco là davanti a noi il Passo della Cisa. Passo della CisaSiamo arrivati in cima, facendoci beffa del barista che non avrebbe scommesso neppure “1 Lira” sulla nostra riuscita. Timbriamo la carta di viaggio e poi via, verso il basso. Le ruote girano veloci, i freni cigolano come non mai e i km passano veloci mentre l’aria ci rinfresca la pelle arrossata dal sole cocente. Andiamo talmente forte che ricordo poco della discesa, se non chè  della vegetazione Passo della Cisache ci circonda che lascia poca visibilità oltre il ciglio della strada. Pontremoli è davanti a noi, una cittadina che sembra essersi fermata nel tempo, con le sue case curate e i diversi ponti che passano da una parte all’altra del fiume. Cerchiamo il convento e rimaniamo sorprendentemente colpiti: curato, pulito, grande e con una terrazza dove poter stendere i panni bagnati. Il convento è tutto in pietra, i muri sonoLa stanza nel convento a Pontremoli spessi, talmente spessi che il sole fatica a riscaldare gli ambienti interni. Le camere che ci assegnano sono piccoline, ma a misura d’uomo, entro le quali riusciamo a posteggiare anche le nostre biciclette. Doccia, riposino e poi pronti per andare a cena in centro, dalla famosa “Cher della Luinigiana“. Condividiamo la cena con un pellegrino che sta percorrendo parte della Via Francigena da nord verso sud, si chiama Giuliano e ci racconta un po di lui. E’ un giovinastro, viaggia da solo e si sta godendo in pieno tutto ciò che la natura gli offre. Ha appena finito gli studi e si sta prendendo qualche giorno per pensare al suo futuro: “…in bocca al lupo Giuliano…!!!!”. La serata passa fra una risata e l’altra…per poi andare a dormire e pensare alla partenza del giorno successivo, che si prevede bagnata…

Tappa03: Pontremoli - Lucca23 Maggio – Ore 6:30, mi sveglio a causa della pioggia battente…non ci voglio credere! Mi ritorna in mente una qualche randonnee, nelle quali ho pedalato ininterrottamente per ore e ore sotto l’acqua. Prendo in mano il cellulare e controllo le previsioni della giornata, sgrano gli occhi e me ne faccio una ragione: tutta la mattina è cosi come è iniziata, pioggia e schiarite nel pomeriggio. Messaggio il Conte che dorme a poche stanze vicine alla mia: “…apri gli occhi e guarda fuori…“. Aspetto la sua risposta che non arriva, vado in bagno e lascio la porta socchiusa quando rientro. Continuo a scrivere col cellulare quando all’improvviso si apre la porta e una voce femminile sussurra qualcosa che fatico a capire. LAcqua a Pontremolia mia attenzione è a quel volto che tenta di fare capolino e in un attimo si accorge di essere nella camera sbagliata. Saluto e sorrido, mentre lei scappa senza salutare. Continuo a dirle “…buongiorno….non ti preoccupare…” e subito dopo sento che entra nella camera a fianco scoppiando a ridere probabilmente con suo marito. Mi alzo, preparo la bicicletta, mi vesto, mentre il Conte è già giu che mi aspetta. La pioggia si alterna a sprazzi di sole, che poco lasciano sperare, ma che ugualmente ci lasciano qualche speranza. Ci infiliamo nel primo bar Sguardo perplesso sotto l'acquache troviamo in centro, dove rimaniamo circa 1 ora abbondante a mangiare come se non ci fosse un domani. La pioggia da fine si trasforma in pioggia battente per poi tornare fine, a volte cessa poi riprende. Passano le 9:30 quando in un attimo di quiete decidiamo di partire, saliamo in sella e via felici come dei bambini che giocano sotto la pioggia, partiamo verso Sarzana. Stiamo attenti alle strade, alle macchine, alle pozze d’acqua e in fila indiano pedaliamo abbastanza velocemente in modo da lasciarci le strade trafficate alle spalle. Il mare è là davanti che ci aspetta, mentre noi ci infiliamo il Kway o lo togliamo in base alla pioggia che scherzosamente “ci prende in giro“. Aulla, ecco che ritorno alla 1001Miglia Il cielo cupodel 2012, quando un sole infuocato mi faceva penare su quelle strade roventi: ora sono bagnato, fresco e nella direzione opposta. Passiamo Sarzana per giungere finalmente al mare: Marina di Carrara. La spiaggia è nascosta da un sentiero alberato che piacevolmente ci conduce al mare, un mare mosso dalle onde alte che si infrangono su qualche scoglio posto qua e là. Alcuni temerari al largo si divertono con la tavola da surf, mentre la spiaggia è deserta e quasi lasciata al caso. Gli stabilimenti chiusi come se fosse pieno inverno, lasciano trapelare un senso di desolazione. Qualche macchina fotografica scatta una foto sfuggente, mentre qualche selfie la fa da padrona. Mangiamo qualcosa, Il mar Ligurementre ci lasciamo alle spalle il brutto tempo dirigendoci verso sud, verso Forte dei Marmi. Il disordine è solo un ricordo di quei pochi km dietro le nostre spalle, ora tutto splende, come se fossimo in un altro mondo: Forte dei Marmi è tirata a lucido, pronta per ospitare i primi turisti, che da qui a poco Forte dei Marmipopoleranno le spiagge desolate. La ciclabile che percorriamo è tenuta molto bene, l’asfalto colorato mette in risalto il benessere sul quale stiamo transitando. E’ da poco scoccato il mezzogiorno, mentre decidiamo di fermarci a mangiare una pizza al volo lungo una via poco trafficata. Due parole col pizzaiolo, che sembra stupito nel sentirci raccontare il viaggio…come se non avesse mai sentito parlare della Via Francigena. Ripartiamo verso l’entroterra, i miei pensieri cerco di farli restare miei, anche se a volte racconto al Conte di qualche avventura passata sulle due ruote, gli racconto di Claudio, dei miei amici che fino a quel giorno mi avevano accompagnato sulle strade d’ Italia. Ci superano alcuni ciclisti e “come se fossi sulla mia Colnago“, cerco di tenere la ruota. Siamo carichi e fatico a portarmi alla velocità di chi ci ha superato, butto indietro l’occhio e vedo il Conte a pochi centimetri dalla mia ruota. Accelero e scalo la marcia, non mollo, anzi mi diverto nel vedere che il ciclista che mi precede aumenta l’andatura. Altri due si affiancano e iniziano a parlarci, mentre i contachilometri segnano i 38 all’ora. Ancora qualche pedalata, e qualche km in piu, mentre sentiamo le voci sfumare alle nostre spalle. Io e il Conte stiamo tenendo il passo dell’unico ciclista che ci precedente, mentre gli altri sono “volati via“. Continuiamo per qualche centinaio di metri, per poi rallentare tutti e tre e scambiare qualche parola. LungomareCi indicano la strada migliore da per raggiungere Lucca. In un qualche modo riusciamo a sbagliare strada, anche se la direzione sembra non essere del tutto sbagliata. Ci imbattiamo in un paesino non piu grande di San Vito, cerchiamo la chiesa e dietro ad una curva vediamo un omone alto piu di noi, ben messo fisicamente con una tunica alla “Don Abbondio“. Sorrido ed immaginando la risposta, chiediamo: “…Scusi è Lei il parroco? Stiamo facendo la Via Francigena…potrebbe farci il timbro?…“. Subito tentenna, ci fa pesare che è ancora un po malato e che non ha il timbro a portata di mano, ma poi torna sui suoi passi e fa due rampe di scale per accontentarci. Timbro fotto…via verso l’entroterra. Un po per scaramanzia, un po per prendere in giro il mio compagno di viaggio, gli ricordo che a Lucca si sarebbe ritirato e che gli avrei pagato il biglietto del treno di ritorno, mentre io avrei continuato verso Roma. Lucca e il ConteI km iniziano a pesare sulle gambe, ma il Conte non molla ed arrivati a Lucca andiamo in stazione a fare qualche fotografia da mandare a Giada, Mery e a qualche amico che sapeva di questa “scommessa“. Due pedalate per il centro, timbro in cattedrale e poi via verso il Bed&Breakfast che ci aspetta: una ragazza piu o meno della nostra età, carina e altrettanto simpatica ci accoglie con un po di titubanza, ma dopo pochi minuti si allinea alle nostre battute e sta al gioco come se ci conoscesse da tempo. Le camere sono accoglienti, le biciclette sono al sicuro in una sorta di garage mentre lo stomaco inizia a brontolare. Ci cambiamo e andiamo a fare due passi in centro: molti stranieri, molti locali pieni e noi con due spritz in mano facciamo passare alcune ore godendoci gli ultimi raggi solari. Troviamo un locale abbastanza affollato ma dai profumi strepitosi: siamo in cerca di carne, quella succulenta, quella dove i nostri denti possano trovare soddisfazione. Partiamo con qualche crostino seguito da un buon Chianti accostato ad una fiorentina d’altri tempi. Spazzoliamo tutto e decidiamo di fare il bis: non ci facciamo mancare nulla! I racconti al tavolo si sprecano, specialmente dopo la seconda bottiglia di vino che ci lascia trapelare qualche storiella dei tempi passati. Spettacolo, io e il Conte, come se fossimo cresciuti assieme. Penso sia la parte piu bella viaggio, potersi confidare senza pensieri, lasciarsi andare in discorsi che probabilmente avrei potuto fare solo con il Bloz, con Guerz e pochi altri. Barcolliamo nell’alzarci, ma con un passo lento e non violento ci dirigiamo verso la nostra camera. Una caratteristica del Conte che non vi ho ancora detto è che lui “fatica” veramente tanto a prendere sonno. E’ incredibile la rapidità con la quale si addormenti prima ancora di essere sdraiato. Qualche nostro amico che abbiamo in comune, mi aveva avvisato che sarebbe stato impossibile scambiare due parole prima di addormentarci, proprio perchè il Conte mentre ti parla è già bello che andato. Tutto vero, confermo! Omar, avevi ragione…lui non dorme…lui sviene!

Tappa04: Lucca - Siena24 Maggio – Suona la sveglia, è l’alba di un giorno nuovo. Pronti via, tiriamo su i panni stesi la sera prima per poi prepararci e dirigerci verso il primo forno aperto. Ci facciamo guidare dal nostro olfatto e dalle nostre sensazioni: eccolo li davanti a noi. Mangiamo come se la sera prima avessimo digiunato, per poi tornare in sella ed attraversare alcune zone industriali che hanno ben poco a che fare con la Toscana. Ci fermiamo in un bar a Porcari, dove ordino 2 caffè. La ragazza, molto gentile ce li prepara subito, ma il Conte si è gia infilato in bagno. Li bevo entrambi…ordinandone poi un terzo pochi minuti dopo. Lei sorride, scambia qualche battuta, Altopascioci saluta mentre ci dirigiamo verso Altopascio: uno stradone largo, sotto al sole e senza nulla da vedere se non alcune distese di campi coltivati. Nota di merito, la si deve fare alla “Biblioteca” che ospita lo strepitoso timbro. L’hanno inaugurata da pochi mesi, è bellissima, molto stilosa e sulla via principale. I pochi cittadini che incontriamo, ne sono orgogliosi e si perdono in racconti ricchi di aneddoti. Nel ripartire, il Conte molto piu informato di me, legge il cartello VINCI…e subito mi racconta qualcosa sulla sua storia…su Leonardo da Vinci. Andiamo oltre, giungendo a San Miniato lungo una strada ripida che ci porta in centro. Ancora una volta imparo qualcosa di nuovo, che il Conte mi racconta con tutta la sua naturalezza. Via, voliamo, pedaliamo in direzione Castelfiorentino: passando dal bar Altopasciodell’amico Mauro Posarelli, conosciuto qualche anno prima per averci dato ospitalità in casa sua durante il Coast To Coast Italia in Graziella. Mauro è a fare una randonnee in Grecia, gli lascio la colazione pagata al bar che frequenta di solito. I gestori ci spiegano la strada migliore da fare per raggiungere San Giminiano…ma solo il nostro istinto e le nostre cartine ci guideranno in quella terra conosciuta piu per quel che si racconta che per quel che l’abbiamo vissuta. San Giminiano è li che ci aspetta, con la sua storia, con la sua bellezza e la gente straordinaria che la abita. Mangiamo ad un bar consigliato da una signora di origini tedesche che da molti anni si è trasferita li. CocaCola, panino e caffè. L’obbiettivo è Siena anche se siamo ben consapevoli che dobbiamo stringere i denti, se vogliamo raggiungerla entro sera. Mentre pedaliamo, alcuni pensieri vanno all’amico Claudio, il quale mi raccontava della bellezza di Monteriggioni che avrebbe voluto rivedere assieme a me. La salita di MonteriggioniPurtroppo rimarrà solo un eterno sogno che mi stringe il cuore, anche se sono convinto che attraverso le mie emozioni, lui da lassù le ha vissute assieme a me. La salita è dura, talmente dura che sono a rischio di cadere. Mi sbilancio, mi alzo in piedi, sento la ruota che slitta su quello sterrato compatto ma pieno di insidie. Sono pochi km che portano a Monteriggioni, ma sono duri e con qualche passaggio anche tecnico, se pensiamo che siamo su due biciclette da viaggio e carichi come due muli. Sento il Conte alle mie spalle, ma metro dopo metro il suo rumore svanisce. Non ho la forza per girarmi e continuo senza voltarmi, come se fossi agli ultimi metri di una tappa di montagna. Se mi fossi girato avrei sicuramente perso l’equilibrio per poi Il Conte e Monteriggionidovermi fermare. Arrivo davanti alle mura che un tempo proteggevano il piccolo borgo: mi fermo, scendo, ho il fiatone, il cuore batte come un matto. Dietro nessuno, il Conte si è fermato e non riesce più a ripartire, la ruota scivola mentre due con la mountainbike lo superano. Il Conte dopo alcune prove decide di spingere la bicicletta fino in cima: sarebbe stato impensabile ripartire da quella situazione e con quella bicicletta. Cerchiamo il timbro, qualche foto di rito e poi di nuovo in sella per raggiungere Siena prima del calare della luce. Chiamiamo l’ostello per sentire se hanno posto per la sera, il Conte ha sempre un tono molto calmo e pacato, come se fosse a predicare sull’altare. Risponde una suora che dopo pochi minuti ci conferma che ha posto, a patto che avessimo condiviso la stanza con quattro donne. Ridendoci su, accettiamo  iniziamo a dirigerci verso Siena. I km che ci separano da Siena sono poco meno di 40, mentre il sole inizia a calare lentamente alla nostra destra. Siena ci da il benvenuto con tutto il suo splendore: strada piene di gente, negozi aperti, turisti attratti dalle prelibatezze del posto, monumenti strepitosi che echeggiano attorno alla piazza dove in agosto disputano il palio. Le suore sono in preghiera o a cena (non l’ho ancora capito) e ci fanno accomodare nella stanza solo dopo un’ora dal nostro arrivo. Fra di noi brontoliamo, ma poi ci passa quando ci portano verso il nostro alloggio: una stanza con 10 letti, di cui quattro già occupati da altrettante donne. Sono francesi, parlano poco inglese e subito mettono i puntini sulle “i” : “…russate?“. Noi sorridiamo e neghiamo….consapevoli che durante il sonno sembriamo due “Landini a testa calda“. La doccia è piccola, talmente piccola che non riesco a lavarmi in sicurezza, è una specie di vasca da bambino…nella Il mio inguinequale bisognerebbe stare sedudi. Prima d’uscire per cena, la suora si raccomanda di non fare tardi e ci indica i non tardare altre le 11. “Scusi…ma sono gia le 21;15….ci lasci almeno il tempo di cenare…“. Usciamo, ceniamo e rientriamo poco dopo il tempo limite. Le nostre quattro amiche francesi, sono già là che russano, mentre ad una scappa una scoreggia che il Conte percepisce all’istante: “Hai sentito?…e poi ci chiedono se noi russiamo?”. La mattina mi alzo con un fastidio all’inguine: fatico a camminare, sono zoppo. Il Conte mi suggerisce un esercizio, che subito cerco di fare, ma il male è talmente fastidioso che ci rinuncio immediatamente.

Tappa05: Siena - Bolsena25 Maggio – Le francesi stanno percorrendo la Via Francigena a piedi e alla mattina lasciano la camera molto prima rispetto a noi. Ci svegliamo alle 6:00, le salutiamo e torniamo a dormire un’oretta abbondate. Salutiamo le suore che molto gentilmente ci hanno offerto la colazione del “Pellegrino” che non ha fatto altro che aprire una voragine nelle nostre pance. Il primo forno lo assaliamo per poi spostarci nel bar a fianco dove finire col caffè. Ora abbiamo le energie necessarie per affrontare una nuova giornata sui pedali in direzione di Bolsena. Le strade sono molto belle, poche auto e qualche su e giu che mette a dura prova le nostre gambe. Nulla di particolare se non alle porte di Buonconvento, piu precisamente a Ponte d’Arabia, Casa del Pellegrinoscoviamo un centro culturale strepitoso autogestito: la chiave d’ingresso è sotto allo stuino, l’ingresso è ben tenuto, una sala gigante con cucina e due bagni, al piano superiore le camere con qualche libro per intrattenere il viandante. Spettacolo alla stato puro…questo si che è un’accoglienza strepitosa per il Pellegrino! Voto 10 e lode! Ripartiamo, visitiamo Buonconvento, dove ci viene detto che la chiesa c’è ma il parroco manca, quindi non Il Conte a Torrenieripossono fare il timbro. Continuiamo verso la Val d’ Orcia che ormai conosciamo entrambi per le innumerevoli volte che ci siamo stati. Racconto al Conte le mie trascorse in quelle terre e lui mi racconta le sue: sorridiamo e ci promettiamo che moriranno li in mezzo a quella natura incontaminata. Passiamo per Torrenieri, dove troviamo uno splendido timbro autogestito per poi perderci in mezzo a Cipressi, verde, I famosi Cipressicolline, cielo terso, aria calda e sole a picco. Bagno Vignoni mi fa tornare indietro di qualche anno, dove per la prima volta vidi quelle terme che ancora oggi hanno una bellezza strepitosa. Siamo sulla Statale Regionale 2, quando l’orologio ci mostra le 14:30. I piedi sono decisamente caldi, siamo sudati e l’aria inizia a diventare pesante. Abbandoniamo la Strada Regionale per immetterci sulla Statale 478, quando attraversiamo un ponte che scavalca un timido torrente. Guardo il Conte e senza dirci troppe parole cerchiamo il primo sentiero L'acqua frescache scende verso il torrente. Nulla dire, nulla da evidenziare, se non chè una piacevole sensazione ai piedi: fresco! Meno di un’ora di piacere per poi riprendere la via verso il prossimo timbro. La strada lentamente si impenna, io cerco di soffrire il meno possibile pedalando del mio ritmo, mentre intorno a me solo prati verdi e sole a picco. Radicofani molto bello, là sopra a un “cucuzzo” che ci fa sputare sangue prima di raggiungerlo. La salita è lunga e tutta completamente sotto al sole, mentre l’acqua nelle nostre borracce sta per scarseggiare. Arrivati in cima troviamo una fontana, cerchiamo il timbro e via a tutta velocità lunga una discesa di qualche decina di km. Sfrecciamo veloci, leggeri, 40 km/h, una curva, DSCF0947un drittone, un’altra curva e l’aria che ci rinfresca dandoci una straordinario sollievo. Acquapendente all’orizzonte e poi ancora il lago di Bolsena a fare capolino dietro ad una collina. Prima di scollinare ci fermiamo ad un incrocio dove un bar ha l’insegna del Pellegrino: timbriamo e riprendiamo le biciclette. Un tavolino è accerchiato da qualche bambino che si diverte a giocare con le carte: mi ricorda un gioco che facevo da piccolo, dove chi perdeva subiva una punizione fisica. Passano pochi istanti e sento un urlo in mezzo a tante risate: uno ha subito il “carrarmato” sul dorso della mano….un altro un pugno…e via discorrendo. E’ un gioco un po violento, ma che rafforza l’amicizia fra quei monelli che un giorno si Via Francigenaricorderanno dei tempi che non torneranno mai piu. Li salutiamo e loro non perdono l’occasione per farci sorridere. Ora è tutta discesa verso Bolsena, che raggiungiamo dopo una mezz’ora circa: a darci il “benvenuti” una signora anziana che ci fa sorridere e preoccupare allo stesso tempo. La casa è perfetta, addirittura ci sono 4 o 5 bagni con una sorta di cromoterapia, le camere grandi con diversi letti e una cucina accogliente. La signora, con una fare tutto “viperino e arzillo“, ci fa sistemare le biciclette in una sorta di porticato chiuso da una porta di legno. Alla nostra domanda: “…sono al sicuro le bici?…” lei risponde con: “”…certo…non vi preoccupate, chiudo la porta.“. Bene e qui tiriamo un sospiro di sollievo, incalzando la seconda domanda: “…ma domattina, chi ci apre il portone per andare a prendere le bici…?“. Lei prontamente e senza timore, ci mostra come aprire la porta: “…basta che la spingete…e lei si apre“. Rimaniamo di stucco, perchè la sua seconda risposta annulla drasticamente la prima…le nostre bici sono al sicuro, ma chiunque può accedere al porticato. Ci tocchiamo “gli zebedei“…e speriamo nell’onestà del prossimo. Dopo la doccia, mi accorgo che quel fastidio all’inguine che a Siena si era manifestato, inizia a farsi piu inteso, come un dolore intenso quando salgo o scendo dalla bicicletta. Devo Letto a Bolsenastringere i denti perchè ormai siamo a Roma….ancora 2 gironi di viaggio. Quando cammino sembro zoppo, ad ogni passo sento una fitta infernale che mi fa accentuare di piu l’anomala camminata. Troviamo un ristorante, che ci accoglie con assaggi tipici per poi portarci della carne e una buona bottiglia di vino rosso! Devo dire che in questo viaggio non è certo mancata nè la carne nè il vino rosso, TOP. Dopo l’amaro saliamo in camera e ci sdraiamo sul letto, mi infilo nel sacco a pelo e cado in un sonno profondo. Durante la notte, l’inguine “urla” e mi sveglio toccandomi la coscia sinistra. Riesco a riposarmi, anche se non nel migliore dei modi.

Tappa06: Bolsena - Formello26 Maggio – Ripartiamo da Bolsena a stomaco vuoto, sperando di trovare un bar lungo il lago. Certo, come no? Costeggiamo il lago di Bolsena lungo un sentiero sterrato, nella speranza di trovare un bar. Il primo che incontriamo non ci piace, è all’ombra e le cameriere stanno ancora preparando i tavoli. Decidiamo di proseguire, anche se lentamente ci accorgiamo che le costruzioni si diradano fino a scomparire definitivamente. La pancia è ancora vuota, mentre la strada si impenna verso su una collinetta a picco sul lago. Dopo una ventina di km ci ritroviamo a Lago di Bolsenascollinare proprio a picco sul lago, dove un albergo ci ospita per la colazione. A differenza della Toscana, il Lazio appare piu trasandato, un po lasciato al caso e poco curato, è un peccato perchè sarebbe proprio una bella zona. Mangiamo e ripartiamo fino a giungere a 100 km da Roma: Montefiascone, dove incrociamo per la seconda volta alcuni ciclisti visti prima della partenza di Bolsena. Qualche parola e poi nuovamente via, verso la penultima tappa prima di Roma. Viterbo è una grande città, cerchiamo il Duomo e aspettiamo per fare il timbro. L’attesa è lunga perchè chi gestisce i timbri è al telefono a parlare dei suoi interessi: non c’è problema, siamo in ferie ed aspettiamo. La nostra attenzione viene catturata da una ragazza Passaggio insidioso sul Lago di Bolsenache “appollaiata” sul muretto si lascia scappare qualche lacrima seguita da una strana voce strozzata: probabilmente sta parlando al telefono con una sua amica. Mi avvicino, faccio finta di scattare qualche foto e butto l’orecchio alle sue parole. Immediatamente intuisco che ha qualche problema col sul “ragazzo” e appena chiude la telefonata le butto li una battuta: “…qualunque cosa sia successa…sei giovane…simpatica…mandalo al diavolo…e Montefiasconestasera esci col primo che passa…“, lei sorride e di io nuovo: “…noi siamo i primi due…per le amiche ci sacrifichiamo volentieri…“. Ridiamo e scambiamo due chiacchere. Io e il Conte scattiamo qualche foto alla piazza e ce la raccontiamo, mentre lei torna a fissare il suo cellulare, come se stesse aspettando una chiamata che non arriva. Poco dopo, con tutta la “timidezza possibile“, mi chiede se può usare il mio “Facebook“, le rispondo subito: “…certo a patto che il tuo LUI, non venga a cercarmi per farmi il culo…” e poi sorrido. La caviglia dell' anima in penaLe presto il telefono e poco dopo me lo rende, la salutiamo. Col Conte ho qualche cenno d’intesa e al volo ci viene spontaneo raccontarci…che a 40 anni…non puoi essere dipendente da facebook,…per di piu se una persona non ti vuole! Senza perdere troppo tempo passiamo per Vetralla, che a primo acchito confondo con Vetrana….ma ovviamente non centra nulla, se non per l’assonanza. Cerchiamo la parrocchia e dopo qualche indicazione arriviamo in un oratorio quasi deserto. Il Parroco deve ancora arrivare, ci accomodiamo sulle sedie all’interno del cortile e mangiamo cio che è rimasto dentro alle nostre sacche. Arriva qualche bambino che si mette a giocare nel prato, mentre fa capolino un signore che ha tutta l’aria del parroco. Avrà si e no 65/70 anni, fuma la pipa e sfoggia un paio di occhiali neri. Ci saluta, chiede ai suoi ragazzini di salutarci con un applauso e inizia a scherzare con loro con modi un po bruschi. Subito non capisco, rimango perplesso, ma poi capisco che il rapporto fra il prete e i bambini è come quello di un padre con i suoi figli. Guardandoci da sotto gli occhiali, cerca di metterci a proprio agio e ci racconta della sua pipa, dei suoi ragazzi, del suo modo di vedere il mondo. Rimango colpito, mentre torno con la mente agli anni passati in parrocchia a Spilamberto con “Don Sergio“…questi si che sono preti! La faccio breve, arrivo al succo del suo pensiero: “…un’ora di giochi nel prato, avvicina il bambino alla chiesa….un’ora di catechismo lo fa diventare ateo…”! Sposo la sua idea, mi piace come ragiona! Il Conte a VetrallaPassano i minuti, i bambini giocano a calcio e senza che nessuno gli dica nulla, in mezzo al campo spunta un ricciolone nero con la barba! Prende la palla e subito fa due numeri alla “CR7“. I bambini rimangono basiti, mentre lui li mette in fila e insegna loro i fondamentali del calcio. Il Conte è un bravo ragazzo e lo si capisce anche da questi piccoli gesti. Sono ormai le 13:30 passate, quando il parroco ci chiede se rimaniamo a pranzo con loro, insiste e davanti a un nostro motivato rifiuto, “ci manda al diavoloOdore acre di gatto sorridendo, per poi salutarci. Che spettacolo di persona. Ripartiamo e la strada si impenna per uscire dal paese. Pedalata dopo pedalata, arriviamo a Capranica dove ci fermiamo a mangiare una strepitosa mozzarella di bufala che ci “fa volare via“. Mamma mia quanto era buona. Il centro “è molto” storico, con stradine strette e pieno di gradini, con la bici fatichiamo a scendere quei gradini che uno dopo l’altro diventano sempre meno. L’odore forte della pipi dei gatti, mi fa gustare poco la bellezza di alcuni vicoli. Pochi km per raggiungere Sutri, dove uno splendido anfiteatro ci fa tornare indietro nella storia. Giriamo attorno con le nostre due ruote Anfiteatro di Sutriper poi fermarci su una panchina a mangiare un boccone. Il Conte va in bagno da dove esce poco dopo con un borsello in mano. Vedo che non dice nulla, poi lo apre e cerca qualcosa: i documenti. Lo aveva scordato in bagno una ragazza tedesca, chissa quando. C’è tutto, soldi, cellulare, documenti, passaporto, chiavi e quant’altro una donna può portarsi dietro. Il Conte prova a telefonare a qualche numero trovato fra le chiamate recenti, fino a quando risponde una ragazza che appare immediatamente preoccupata. Il Conte Formellocon un inglese da volare via, la rassicura e la calma, dicendole di non preoccuparsi e che nel borsello c’era tutto. Potevano venirlo a prendere a Sutri…se non chè loro fossero già a Montalcino! Eh? Montalcino? Bene, proponiamo loro di venire a Formello, dove ci avrebbero trovato la sera. Ripartiamo e fra una risata e l’altra passiamo Monteorsi, Campagnano per poi giungere a Formello, la casa della Lazio. Il centro è piccolino, ma l’ostello è qualcosa di stellare, nuovo, tenuto molto bene da un ragazzo che assieme a dei suoi amici cerca di offrire il meglio ai pellegrini che passano su quelle strade. Lo spirito è giusto, perchè capisce bene di cosa ha bisogno un pellegrino e di cosa non ha bisogno. Voto molto alto, se vi capita di passare da Ostello a Formelloquelle parte, merita una sosta. Siamo nella piazzetta davanti all’ostello, quando decidiamo di bere qualcosa per “ammazzare” il tempo, durante l’attesa delle due tedesche. Fantastichiamo, sorridiamo e Locanda degli Angelinel frattempo mangiamo e beviamo. Un tagliere e due bicchieri di bianco fanno da cornice ad un posto meraviglioso. Passa circa un’ora dal nostro arrivo a Formello, quando arrivano due ragazze dall’aspetto straniero: sono loro. Scambiamo qualche parola, cerco di capire piu che di parlare, mentre il Conte ride e racconta a loro quanto sono state fortunate. Per sdebitarsi ci offrono nuovamente da bere e un altro tagliere di salumi e formaggi. Pagano tutto loro e ci salutano. Siamo proprio due bravi pellegrini! Dopo una meritata doccia, scendiamo a cena, dove poco prima avevamo fatto un ottimo aperitivo: carne e vino da leccarsi i baffi, per finire con formaggi e marmellate di loro produzione. Voto 10 e lode.

Tappa07: Formello - Roma27 Maggio – E’ l’ultima mattina del viaggio e siamo diretti verso il campo di calcio della Lazio. Dovete sapere che prima della partenza, Gerry Ti-Effe Service un amico del Conte, ci aveva pagato le divise che abbiamo usato durante il pellegrinaggio. Lui è romano di Roma e ovviamente tifa ROMA. Noi per prenderlo un po in giro, non abbiamo perso l’occasione di fare una foto davanti al campo di allenamento della Lazio con le sue divise! L’ avrà presa sicuramente bene, ci siamo fatti un amico! Via, via, via, pedaliamo, canticchiando, anche perchè mancano solo 30 km Formello - Lazioalla città eterna! L’ingresso nella capitale è singolare, come giusto che sia: centri sportivi ovunque, gente che alle 10:00 della mattina gioca a tennis, mentre altri sistemano gli innumerevoli campi da calcio che si perdono lungo una trasandata ciclabile. Dico trasandata perchè anche se il fondo è molto bello e liscio come un biliardo, ai lati crescono “fresche frasche” che a tratti chiudono quasi il passaggio per la bicicletta. Incrociamo diversi ciclisti, che a tratti ci danno il cambio per passare, altre volte li salutiamo mentre incrociamo i loro sguardi. I km passano lenti, su quella ciclabile che non vorremmo mai abbandonare, il Conte sorride è incredulo su cio che ha fatto e mi racconta qualche sua emozione, che lentamente l’aria si porta Ciclabile ingresso a Romavia. Siamo felici, sorridiamo, scherziamo e ci facciamo beffa del barista che prima del passo della Cisa ci aveva snobbato senza pensarci due volte. Tiè, noi siamo a Roma….la città eterna! L’ingresso in Vaticano è sempre emozionante, sia per chi “crede” che per chi lo “vede con un altro occhio“: affollato, gente che va a destra, chi a sinistra, chi scatta foto e chi con tanta pazienza è in fila ad attendere il proprio turno per entrare in San Pietro o ai Musei Vaticani. Qualche ricordo offuscato mi riporta a una bellissima esperienza che con mia nonna feci all’età di 7 o 8 anni. Durante una gita, venni sorteggiato per andare a stringere la mano a Papa Giovanni, durante una celebrazione…che sinceramente ricordo poco. Ricordo bene che Papa Giovanni Il verde e la ciclabile a Romami disse qualcosa, non so in che lingua…e io rimasi li come un pesce lesso, senza capire nulla.Continuiamo ad osservare, i nostri sguardi si perdono nella moltitudine di persone che popolano il Vaticano, faccio attenzione e ancora adesso sono convinto che oltre al lato spirituale, quel luogo è una “vera macchina da soldi“. Cerchiamo l’ufficio dove eseguire il nostro ultimo timbro, passiamo dal metal detector e poi a turno entriamo per ricevere il “Testimonium“: documento che certifica l’avvenuto pellegrinaggio a Roma devotionis causa.

Roma è bella, non ha bisogno di descrizioni particolari, sprecherei solo parole per descrivere qualcosa che è da
vivere piu che da raccontare.Il Conte a Roma

Roma, la città eterna!

Ho riletto, un po per caso e un po per piacere un articolo scritto sul blog: GALLINA IN FUGA , dove Patrizia Santini mi intervistava dopo il Coast To Coast Italia in Graziella. Mi è tornato in mente che “il tempo si ferma…quando si è in bicicletta” e che “la libertà…è dentro ad ognuno di noi

…a proposito: cos’è per te la libertà?Roma - Altare della Patria

“Che bella domanda! Ci vorrebbe una risposta altrettanto bella, ma non so se riesco a dartela. La libertà è la possibilità di sognare ad occhi aperti e poter realizzare i desideri che spesso vengono messi nel cassetto, aspettando il “domani”. La libertà è dentro ad ognuno di noi, ma spesso siamo costretti a tenerla a freno e solo in qualche circostanza riusciamo a liberarla”

La risposta Giuliano è più bella della domanda, colgo l’occasione per chiederti una chiusura adeguata

“Il raccontare queste cose, non rende l’idea di ciòTestimonium ricevuto che si è vissuto. Come dice un mio grande amico: “il giorno più bello del viaggio…è domani”. Precisamente non ho mai capito cosa volesse dire, ma l’ho fatto un po mio. “Domani” è il giorno dell’arrivo, è il giorno del racconto, è il giorno in cui ci si ferma e si progetta un nuovo viaggio”

Il nostro viaggio è finito, abbiamo faticato, ci siamo divertiti ed ora è giunto il momento di brindare ad una amicizia nata un po per caso e consolidata con questo strepitoso viaggio sulle strade italiane.

Il meritato riposo

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21 Maggio 2016 – Aspettando il viaggo “La via Francigena”

San Vito – Siamo tornati e tutto è andato bene…molto bene. Sto scrivendo il nostro viaggio, le emozioni, le esperienze e gli incontri piacevoli che durante il viaggio hanno dato vita a questa settimana sui pedali. Ancora qualche giorno di attesa…. 😉

7 giorni di viaggio – 800 Km sulle due ruote

Pubblicato in Anno 2016 | 1 commento

La sfida in Graziella No Stop: I 3 Colli in 24 ore

SLa Sfida No Stop in Graziella 2015an Vito – Le promesse sulla “Preda Ringadora” di Gennaio 2015 sono ormai lontani ricordi mentre si avvicina sempre di più il giorno della partenza. Quella partenza che giorno dopo giorno diventa reale, diventa una piccola sfida con me stesso, con i miei amici e con quei 3 Colli che sono cosi giganti: Monte Cimone, Passo dell’ Abetone e Passo Radici. Quest’ anno l’idea è nata da Andrea, il quale ci convince della possibilità reale di poter partire da San Vito e farvi ritorno entro 24 ore dopo aver scalato le 3 vette dell’appennino. Ovviamente tutto in autosufficienza, in solitaria, con solo l’aiuto di chi per caso incrocia la nostra strada.

Fino all’ultimo giorno siamo incerti su chi farà parte della spedizione, ma alla fine ci ritroviamo tutti e 5 alla partenza.: Io, Andrea, Massimo, Enrico e Gianni.
Quest’anno siamo stati ospitati dagli amici di una vita, quelli con cui siamo cresciuti, quelli con cui hai sempre una parola e un sorriso da scambiare: La Polisportiva San Vito. In occasione della 3 giorni “Parco del Guerro in Festa“, parco-in-festaveniamo invitati per fare da contorno ad una festa strepitosamente organizzata dove si è potuto trovare di tutto: antipasti, primi freddi, secondi, contorni, dolci, acqua vino e caffè. Insomma un buffet dove qualsiasi palato ha potuto trovare soddisfazione nel mangiare ciò che voleva, seguendo la formula “All You Can Eat“.

Ci mettiamo in coda ed attendiamo di pagare, noi vestiti da ciclisti e tutti gli altri vestiti da sera. Qualche occhio ci osserva, qualcuno sgrana gli occhi e qualche altro ci chiede da dove veniamo. Sorrido, stringo un occhio e gli dico la verità: “Vengo da casa, proprio dietro di lei. Dovrebbe chiederci dove andiamo…perchè dopo cena si inizia a pedalare“. Racconto qualcosa dell’avventura che staremo per intraprendere di li a poco, anche se capisco bene che posso passare per matto. La signora sorride, sbrana ancora di piu gli occhi e ci fa coraggio. Craverio, uno dei tanti ragazzi che ha servito al “Parco del Guerro in Festa”, ci fa accomodare, mentre si aprono le danze al buffet. Davanti a noi ogni ben di Dio, dai primi al Parco del Guerro in Festa 2015dolce c’è di tutto. Cerchiamo di mangiare con la consapevolezza che dopo dovremmo affrontare una bella faticaccia, anche se gli occhi vorrebbero mangiare tutto. Mentre mangiamo vediamo arrivare qualche viso noto, che si dirige al nostro tavolo: Renato detto Pitone e Silvano. Una coppia inseparabile, una coppia di amici che quando c’è da pedalare o da venirci a salutare, non manca mai. Un boccone dopo l’altro e una risata dopo l’altra ecco all’orizzonte arrivare Sonia e il suo gruppo FACEBIKE che nel fare una notturna hanno pensato bene di venire a darci una pacca sulla spalla. Al nostro tavolo c’è seduto anche Carmine ed Alberto che con la scusa di noi Graziellisti, si stanno sbaffando tutto ciò che hanno nel piatto.

GraziellaIl countdown è iniziato, mancano poco meno di 15 minuti e con passo lento e quasi imbarazzato ci dirigiamo verso il palco. Qualcuno ci osserva, qualcuno sorride e noi zitti zitti prepariamo il necessario per la partenza: luci, casco e giacchino catarifrangente. L’assessore  allo sport del Comune di Spilamberto è già col microfono in mano, Mirco è pronto per fare l’introduzione e i nostri amici a scattare qualche foto. Attorno al palco inizia a radunarsi un po di gente e come un bambino mi emoziono. Mirco col suo fare da “animale da palcoscenico“, introduce il giro, ci fa qualche domanda mentre noi cerchiamo di rispondere nel nostro modo migliore. Siamo pronti, tutto è pronto e dopo aver preso dei “matti” anche dall’Assessore allo Sport (Simonetta), ecco che si parte. La prima pedalata è sempre la piu difficile, anche se è quella che darà il via a una bellissima avventura.

PitoneIo, Andrea, Gianni, Maccy ed Enrico. Noi 5 amici, legati da tante avventure, ci troviamo nuovamente uno in fila all’altro a percorrere le strade che spesso e volentieri affrontiamo in bicicletta da corsa. Incoscienza, spensieratezza o semplicemente voglia di pedalare al di fuori degli schemi. Oltre a noi 5, si aggiunge Pitone, un ragazzino di cinquant’anni che con una bicicletta a 3 marce ci scorta fino a Vignola. La bicicletta che usa è bici da cross da bambino col cambio Pitonemodello auto sulla canna. Per un istante mi ha portato indietro di quasi 30 anni, quando coi miei cucini sfrecciavamo in campagna con le nostre 3 “Barracuda“. Pitone è davanti a noi, ci fa strada mentre noi lo prendiamo in giro, senza renderci conto che noi 5 siamo piu ridicoli di lui. Una macchina ci supera e ci suona e poco dopo un’altra ci saluta, mentre alle spalle le luci di San Vito si affievoliscono lasciando spazio ad una luna piena che ci accompagnerà per tutta la notte. A Vignola, Pitone ci abbandona e noi lo ringraziamo per la compagnia. La Fondovalle è deserta, qualche auto ci supera, ma tutto somato si va molto bene. Siamo in fila indiana, uno dietro all’altro anche perchè i sorpassi ai 15 km/h sarebbero veramente imbarazzanti. L’umore è alto e nel ricordare qualche inghippo di due anni prima durante la scalata all’ Abetone, giungiamo alla Casona dove facciamo la prima sosta al ristorante sotto curva. Al bar ci sono 4 signori che parlano e bevono un caffè. La loro attenzione viene catturata dai nostri mezzi e in meno che non si dica iniziano a fare domande, a scherzare e fare foto. Uno di loro in particolar modo, sembra essere andato giu di testa : “Sono del Pedale Vignolese, non ho mai sentito una cosa del genere….aspettate che facciamo qualche foto….domattina ci parlo io ai miei amici…gli racconterò cosa state facendo“. Si butta in mezzo a noi e si fa scattare diverse foto. Noi sorridiamo e scherziamo con loro! Nel ripartire ci accorgiamo che la ruota posteriore di Maccy ha qualche problema…ma con un Andrea Barbi non temiamo nulla. Due colpi di chiave, due martellate e una qualche “madonna” sistemiamo tutto e ripartiamo. Riscopro il piacere di pedalare in Fondovalle ad una velocità bassa, osservo l’orizzonte e le colline illuminate dalla luna. I grilli ci fanno compagnia mentre di tanto in tanto il silenzio viene interrotto dal rombo di una qualche automobile. L’andatura non è elevata, anche se tentiamo di tenere alto il ritmo, in modo da perdere il meno tempo possibile. Siamo consapevoli che la parte più dura sarà fra qualche ora, quando la strada si impennerà verso Pian Cavallaro. FananoDopo i 50 km di Fondovalle arriviamo a Fanano, dove la sosta alla fontana in piazza è d’obbligo. Siamo sudati, ma sorridenti. Qualche foto, cambiamo l’acqua nelle boraccine e poi ci dirigiamo verso la rotonda dove qualche ragazzo gioca con un pallone e qualche altro fa delle chiacchere. Mi fermo per aspettare Guerz che è rimasto indietro, mentre Barbi è là davanti. Giannino torna verso la fontana e io mi trovo da solo in mezzo a quei ragazzini stupiti che iniziano a guardarmi. Scherzo con loro, mi dò da solo del deficiente e loro sorridono. Semino i primi bigliettini da visita per poi raccontargli un po della nostra storia in bicicletta. Mi ricordo bene la frase di uno di loro, dopo avergli raccontato della Parigi-Brest-Parigi e della 1001Miglia : “Scusa, ma voi dove fare ilgiro d’ Italia!“. Sorrido, gli stringo l’occhio e li salutiamo. Bastano poche centinaia di metri per capire che la strada sarebbe inesorabilmente diventata impedalabile. Inizio a fare a zig-zag, per fare 1 metro verso l’altro ne percorro almeno 3 e ciò non va bene, nè per le gambe, nè per la testa. Guerz è davanti a me, vedo che scende e inizia a spingere la bici. Lo seguo a ruota, mentre Giannino non vuole mollare. Fatto sta che dopo 10 metri, siamo tutti a piedi a qualche decina di metri l’uno dall’altro. Spingiamo la bici, ridiamo inconsapevoli di ciò che ci aspetterà. Nella mia testa pensavo ad una salita dura, ma non cosi dura, proviamo a risalire in bici, ma non c’è nulla da fare, dopo poco torniamo a scendere. Canevare Marco Zanetti Franco CaselliPassato il pezzo piu duro, ecco che la strada spiana leggermente e con santa pazienza torniamo in sella fino quasi a Canevare, dove due fanali amici ci danno il benvenuto. Sono Marco Zanetti ed il suo amico Franco Caselli, ci ospitano a casa loro dove ci hanno preparato un rinfresco che gradiamo molto volentieri. Sono le 2:00 circa e la pancia ha bisogno di essere riempita prima d’affrontare la salita al Monte Cimone. Una pausa di poco piu di mezz’ ora per riprendere a pedalare assieme ai nostri due nuovi amici Marco e Franco: loro sulle loro mountainbike e noi sulle Graziella. Il nostro passo è subio lento, per poi trasformarsi in pesante alla prima salita che senza pietà ci costringe a scendere. Un passo dopo l’altro, un zig-zag e poi di nouvo in sella per qualche altro centinaio di metri. La luna è sempre là a farla da padrona, come ad indicarci la strada da percorrere. La luce dei nostri fanali è fioca se paragonata al fascio che ci giunge dalla luna. La vallata è buia, ma le ombre lasciano poco spazio all’immaginazione, alberi qua e là, una qualche casa a bordo strada fino a giungere al bivio del Lago della Ninfa. Monte CimoneMi torna in mente lo stesso paesaggio durante il periodo invernale, quando da piccolino venivo a sciare coi miei amici: alberi alti e bianchi, freddo pungente e gente in ogni angolo. Ora invece è tutto fermo, non c’è un anima viva e tutto è di colore verde scuro tendente al nero. Solo i riflessi della luna e dei nostri fari ci fa distinguere le cose circostanti. Arriviamo alla sbarra che delimita la stradaValle di Fiumalbo carrabile da quella chiusa al traffico automobilistico. Ora mancano gli ultimi km, quei km che curva dopo curva, tornante dopo tornate sarò costretto a percorrere a piedi. Se pedalo sono l’ultimo del gruppo, se cammino supero qualcuno. Secondo voi che scelta avrò mai fatto? Arriviamo a Pian Cavallaro alle 5:20 di mattino, fa freddo, DSCF0699ci svestiamo e ci rivestiamo con panni asciutti. Mangiamo qualcosa e salutiamo i Marco e Franco che con santa pazienza ci hanno fatto compagnia in questa lunga e lenta salita. Ora dobbiamo scendere verso Fiumalbo per la strada sterrata. Questo sentiero viene usato da chi ha dei fuori strada, quindi potete immaginare che con delle Graziella è impensabile poter mettere il sedere sul sellino per qualche metro. Ancora una volta con le mani sul manubrio e i piedi a terra, ciio incamminiamo verso l’orizzonte che a quell’ora del mattino ci fa scorgere un panorama strepitosamente suggestivo. Le noste teste coperte da un cielo scuro, che lentamente prende colore, le cime sul versante toscano sono coperte da nubi che lasciano pensare al peggio, mentre la pianura è chiaramente visibile. La vallata dove dobbiamo scendere è coperta da un manto bianco, nel quale dopo qualche km ci immergiamo: sono nuvole basse, che nel silenzio della vallata nascondono ogni cosa. I nostri passi sono lenti, i piedi sopportano il peso della notte, mentre le caviglie sono a rischio distorsione. Il sentiero è decisamente largo, ma ricoperto di ciottoli grossi come pompelmi, che rendono difficile la discesa verso Fiumalbo. Il sole ancora non si vede, ma la luce da lui emessa lentamente da forma alla vegetazione e alle case nascoste in mezzo agli alberi. Durante la discesa a piedi, cechiamo di raccontarci qualche avventura passata, in modo da tenerci svegli, anche se Giannino fatica a tenere gli occhi aperti. Si lamenta ma allo stesso tempo tiene botta e fra un sasso e l’altro trova il modo di farci ridere, con i suoi racconti di gioventù. DSCF0707
Non potrò mai scrivere in questo blog del suo passato, ma vi posso garantire che un personaggio così è stato un peccato averlo conosciuto solo qualche anno fa e non all’età di 20 anni. Giannino un capitano d’altri tempi! Guerz si ferma a “cambiare l’acqua al canarino“, noi proseguiamo e ci fermiamo poco piu a valle. Ci raggiunge e con quel suo solito sorriso ironico ci dice: “Ragazzi, la mia sfida in Graziella finisce qui“. Stupito lo guardo e lo mando a quel paese. Poi ci indica il seggiolino e notiamo che i su canotti si sono dissaldati. Per pedalare un po piu comodi, abbiamo saldato due canotti assieme, ma fra un sasso e l’altro la saldatura ha ceduto. Ora stanno assieme solo perchè qualche cm di uno è infalato in quell’altro. Discesa verso FiumalboNoi facciamo le scontate battute del pedalare senza sellino, mentre Barbi sorride “Datemi un po di nastro adesivo e ti sistemo tutto“. Il nostro McGyver non impiega tanto e in men che non si dica riesce a sistemare i canotti, che terranno botta fino alla fine del giro! Poco prima dell’ingresso a Fiumalbo, la strada torna asfaltata e con tanta gioia noi torniamo in sella. DSCF0716Sfrecciamo uno dietro l’altro quando io e Giannino ci accorgiamo di due signore a bordo strada che passeggiano alle prime luci del mattino. Ci fermiamo per chiedere informazioni, mentre loro ci chiedono “Chi siete? Cosa fate? Dove avete dormito? ecc..“. Secondo voi cosa abbiamo fatto? Qualche minuto di show e tante risate. Loro trasferite a Fiumalbo da diversi anni, ma con accento straniero, hanno lascisato il Sud Africa per amore. Bionde, occhi chiari e un sorriso strepitoso: Genny Nizzi e
sua Mamma, un piacevole incontro. Scendiamo qualche centinaio di metri per poter fare colazione al primo bar aperto: pasterella e caffè! Ora saliamo di nuovo in sella per affrontare l’ Abetone, che dista da li poco più di 7 km. Pedaliamo col sole in fronte, consapevoli di poter finire il giro nelle 24 ore, mentre la strada si impenna. Curva dopo curva, albero dopo albero, mi viene in mente la scalata che feci con Maccy qualche anno prima. Io in sella ad una pieghevole che non ne voleva sapere di restare assieme. Questa volta invece la Graziella non cede e mi porta fino su in cima, dove ovviamente arrivo per ultimo, ma felice. Non capisco come mai sono sempre ultimo…bhoooo! Andrea BardiL’Abetone è conquistato anche se il sedere inizia a farsi sentire e le gambe non rispondono piu come qualche ora fa. Mentre mangio un boccone mi accordo con mia zia che si trova in villeggiatura a Rotari, un paesotto nella valle fra il monte Modino e Taglione. Le scrivo: “Tata, scendiamo verso Pievepelago e poi andiamo verso Passo Radici“, dopo pochi minuti ecco la risposta: “Bene, veniamo a salutarvi“. La “Tata” ha quel soprannome fin da quando avevo 5 anni e andavo da lei a lezione di tutte le materie che provavo a studiare. Come le ho scritto in un messaggio “Sono un cavallo dalle orecchie lunghe“, perchè non ho mai avuto una gran voglia di studiare, ma poco alla volta e grazie a lei sono riuscito a laurearmi. Da cavallo ora mi sento reincarnato in un ippopotamo che tenta di pedalare su una Graziella.

Ci fermiamo nel bar prima della salita, dove ci beviamo un gustoso caffè e faccio un incontro che non avrei mai detto: “Mr Globo!”. Un altro salto nel passato, che mi porta a 20 anni indietro, quando con i campeggi parrocchiali si Spilamberto andavamo a gozzovigliare a Tagliole e a mangiare la pizza al Globo! Ora a tanti annidi distanza, mi trovo di fronte un personaggio che sul volto mostra i segni di una vita lavorata, mentre si trova a fare tutt’altro mestiere dopo aver chiuso la pizzeria. Lo saluto e riparto assieme ai miei amici per Passo Radici. La strada è tortuosa, in salita e sotto a un sole che in inizia farsi sentire. Pedaliamo lentamente, ma con passo costante fino ad arrivare a Sant’ Anna quando ci fermiamo a bere alla fontana del paese. L’acqua fresca non ha prezzo, specialmente quando si è accaldati, svuotiamo le boraccine, le riempiamo un’altra volta e riposiamo su una panchina. Da li a poco arriva mia zia sul fuoristrada dal quale escono: mio zio Graziano, Giordano e sua moglie Simona con i loro 3 figli: Nicolà, Tommaso e Sofia. Spettacolo, era un po che non li vedevo e ritrovarli tutti li è veramente speciale. Da piccolini i miei cugini li ho sempre chiamati “i bimbi“, mentre ora siamo quarantenni e “i bimbi” sono diventati i sui figli. Scambiamo due battute, due foto e poi via verso l’ultima fatica, lasciando alle spalle un pezzo della mia vita. Ora la pedalata è veramente pesante, la testa inizia a “sfarfallare“, il sudore scende sulla fronte fino ad entrare negli occhi, la lingua fra i denti e le mani ben strette sul manubrio. Penso solo ad arrivare, anche se la vetta so bene che non è dietro l’angolo. All’improvviso, una macchina ci supera e ci suona, due mani escono da finestrino assieme a due urla di gioia: la figlia di Giannino con suo marito e il loro bimbo sono venuti a salutarci. Ci fermiamo per due saluti al volo per poi ritrovarli su al passo. Ripartiamo, zig-zig, un’imprecazione e zig-zag, un colpo di pedale e una parolaccia fino a che la strada non spiana. Illusione che dura poco e nuovamente la strada si impenna. Sono 13 km che non mollano mai, 13 km che se fatti con una bici da Passo Radici: Foto Alessandro Montagnanicorsa è un conto, ma fatti in Graziella è tutt’altro, specialmente se si è in giro dalla sera prima. Qualche ciclista ci supera, qualche altro ci saluta, mentre uno solo ci affianca e ci accompagna fino in cima, è Alessandro Montagnani di Livorno. Simpatico ragazzo che nel riempirmi di domande mi prende in simpatia e col quale pedalo con piu leggerezza: un po per non sfigurare e un po perchè la testa pensa ad altro e non alla fatica che in quel momento mi stava attanagliando le gambe. Poco dopo due cicliste ci superano, sorridendo gli dico “Non ditemi nulla, lo so siamo dei cretini a fare queste cose“. Loro sorridono e poco dopo tornano indietro per scattare una foto con noi. Simpatiche e anche cordiali, scattano due foto e poi ci salutano, mentre noi arriviamo in cima al Passo dopo aver salutato Alessandro. Il Passo Radici ha una sapore diverso da tutte le altre volte, è come aver vinto l’ultima battaglia, è come essere arrivati in fondo alla nostra sfida. Mancano ancora 90 km, ma sono tutti di discesa e pianura. Siamo in netto anticipo sul tabellino di marcia, quando arrivati in cima decidiamo di fermarci per pranzo: sono le 12:00 circa. Due piatti di tagliatelle a testa, un mezzo litro di vino e tanti sorrisi che ci scambiamo prima dell’arrivo di Loris e del suo amico. Erano partiti alla mattina da San Vito con le loro bici da corsa, per poi raggiungerci giusto all’ora di pranzo! Finiamo di mangiare e ci dirigiamo nuovamente fuori, dove le nostre amate biciclette ci aspettano. Salgo in sella, cerco la posizione piu comoda per il sedere, mentre alzo lo sguardo e vedo sul ciglio della porta un volto noto. Scorro fra tutti i volti che la mia mente ricorda, ma in prima battuta non vedo nessuno. Eccolo, forse è lui, ma allora aveva i capelli neri, mentre ora ha qualche kg in piu e i capelli grigio, un po come i miei. Mentre lui guarda i nostri mezzi, gli chiedo “Ma sei per caso il figlio di Bagni?“. Sorpreso mi guarda a modo, ma non mi riconosce. “Dai, sono il nipote di Serventini, quello che abita a Villabianca“. Discesa da Passo RadiciVedo che rimane stupito, ma poi conferma la mia impressione. Ci eravamo conosciuti quando andavo alle superiori e nei periodi estivi davo una mano a mio zio a fare da manovale. Due battute, due saluti e via verso la bassa. Ora le biciclette scivolano sull’asfalto come fossero delle frecce scoccate da una arco, i freni sempre pronti ad intervenire, mentre lo sguardo inizia a sentire il peso della digestione. Non importa, si scende forte, veloci, come da bambini ci buttavamo giu a uovo dalle piste IMG_20150801_151357di sci, senza pensare al pericolo della situazione. Una leggera frenata per impostare la curva e poi di nuovo a lasciare scorrere le ruote da 16 pollici. Riusciamo a schivare l’acqua fino all’altezza di Cerredolo, dove un piccolo temporale ci rinfresca le idee. Sassuolo è alle porte, pedaliamo felici, sereni con la consapevolezza d’aver fatto un giro semplicemente bello e allo stesso tempo impegnativo. Le strade sono quelle di casa, quelle che ti fanno sentire arrivato, quelle che km dopo km ci portano all’ingresso di San Vito.

DSCF0756Sono trascorse circa 21 ore dalla partenza, quando alle 19:00 facciamo ingresso al Parco del Guerro, che si prepara alla seconda serata di festa!

Un grazie particolare all’amico di 1000 avventure, ENRICO GUERZONI che con questo viaggio gira pagina per iniziare a scriverne un’altra molto importante: in bocca al lupo Guerz!

Un grosso grazie a tutti quelli che hanno creduto in noi, che ci hanno sostenuto e hanno apprezzato ciò che abbiamo fatto.

Pubblicato in Anno 2015 | 2 commenti